Le vie sindoniche

Il 2015 è l’anno dell’Ostensione della Santa Sindone: da domenica 19 aprile a mercoledì 24 giugno, festa di san Giovanni Battista, patrono di Torino e onomastico di san Giovanni Bosco, del quale proprio quest’anno ricorrono duecento anni dalla nascita. Il periodo previsto per l’Ostensione è, dunque, più lungo (67 giorni) rispetto a quello di altre esposizioni del Sacro Telo, ciò è dovuto proprio alle celebrazioni del Giubileo salesiano, che vedrà venire a Torino, da tutto il mondo, migliaia e migliaia di giovani.

La Regina di tutte le reliquie arrivò definitivamente a Torino nel 1578, quando san Carlo Borromeo (1538-1584), Arcivescovo di Milano, si mise in cammino, a piedi, per espletare un voto promesso durante la peste: andare a venerare il Sacro Lenzuolo a Chambery; ma il duca Emanuele Filiberto (1528-1580) ordinò di trasferire la Santa Sindone a Torino per abbreviargli il pellegrinaggio. Ebbero così inizio le pubbliche esposizioni del Telo sindonico.

Tuttavia il Sacro Lino giunse altre volte in Italia.

Nel 1515 il Piemonte era stato occupato da armate straniere, mentre Francesco I (1494-1547) di Francia attendeva l’occasione per annettere definitivamente la Savoia e il ducato ai suoi possedimenti. Nel 1536 Francesco I decretò l’occupazione del ducato stesso, che venne invaso da un forte contingente militare. Carlo II/III (la titolazione varia a seconda se suo cugino Carlo Giovanni Amedeo di Savoia venga considerato come Carlo II oppure no) di Savoia (1486-1553) ebbe grandi difficoltà a fronteggiare le truppe nemiche e riparò a Vercelli, per proseguire la difensiva. Il ducato comprendeva: Savoia, Thonon, Ginevra, Chambery, la Moriana, fino alla parte francese del Moncenisio, Torino, Asti. Il territorio sabaudo confinava con il ducato di Aosta, il ducato di Monferrato, il principato di Masserano, il marchesato di Saluzzo e la contea di Nizza. Carlo II/III decise di portare in Italia la Sacra Sindone, oggetto troppo ambito per non essere causa di furto o di oltraggi, perciò la fece condurre nel Nord Italia, passando per le Alpi Graie e precisamente attraverso la Val d’Ala. Venne in tal modo raggiunto il Pian della Mussa, poi Ceres, Lanzo. Forse, approfittando della via fluviale lungo la Stura, i trasportatori con il Sacro Tesoro giunsero alla «Barca» il 4 maggio (memoria liturgica della Santa Sindone) 1536 e da qui, dopo un paio di giorni, raggiunsero Vercelli e Milano.

Il figlio di Carlo, detto il Buono, Emanuele Filiberto I, fu determinante per consolidare il potere sabaudo, ponendo fine alle condizioni di servilismo del ducato da parte della corona francese, che veniva continuamente assalito dalle truppe franco-spagnole. Con la pace di Cateau-Cambrésis del 1559 il ducato divenne indipendente. Emanuele Filiberto trasferì il governo dello Stato in Piemonte, scegliendo Torino quale capitale. Spostando il potere civile, volle spostare anche il potere spirituale impersonato dalla Sacra Sindone. Il pellegrinaggio votivo di san Carlo Borromeo gli diede l’occasione propizia. La strada più sicura per giungere in Italia furono nuovamente le Alpi e, in particolare, la Val di Viù, poi Valdellatorre e Lucento.

La giornalista Franca Giusti ha ripercorso personalmente sentieri e vie per restituire un percorso ricco di scoperte e di intensità spirituale, e dal suo avvincente pellegrinaggio è nato un volume di grande valore documentario, Pellegrinaggio d’autore ovvero le vie sindoniche, edito da ChaTo e stampato dalla Tipografia Angraf di Torino.

La fede contraddistingue questo lavoro, costruito con tanta passione e con tanto amore per la Sacra Sindone e per coloro che hanno protetto, custodito e conservato lungo i secoli la Regina delle reliquie di tutta la storia della Cristianità. La fede percorre tutto il lungo ed inedito viaggio alla scoperta di uno straordinario pellegrinaggio, che il lettore ha la possibilità di rivivere attraverso le pagine dell’autrice, la quale iniziò questo spettacolare itinerario fra natura, storia, arte e cultura nell’agosto del 2012 fra picchi di caldo torrido e frequenti temporali.

Il devoto lavoro è stato realizzato con puntigliosa determinazione, studiando le pietre, prima ancora che la bibliografia (seppure scrupolosamente consultata), ascoltando la tradizione orale raccontata dalla gente delle valli e dei paesi, osservando e fotografando le testimonianze pittoriche. Si tratta, quindi, di una raccolta aggiornata dello stato di conservazione delle opere e delle cappelle sindoniche, dove è registrata una tradizione di tre valli subalpine vicine in linea d’aria, ma separate da valichi e lunghe giornate di cammino, tuttavia unite da una sola voce, proprio quella della Tradizione che da oltre 500 anni narra un evento eccezionale: il passaggio, per due volte (forse anche una terza volta, come dimostrerebbero alcuni studi) della Sacra Sindone nel XVI secolo. Alcune tele sono veri e propri fermi immagine di momenti specifici in località precise e con personalità aventi nomi e cognomi: tele, effigi, affreschi… che riportano storie di fede e di venerazione.

«Dagli studi effettuati, non esistono altri valichi o passaggi in cui si possa immaginare il cammino della Sindone nel XVI secolo da Chambery a Torino in sicurezza, al riparo dai Calvinisti o dagli Ugonotti, né si possono ignorare le insistenti testimonianze lasciate nelle chiese e cappelle, sulle pareti esterne come in quelle interne di edifici pubblici e privati. Unisona è l’eco della tradizione orale che abbiamo registrato chiacchierando con la gente del posto».

La Sindone venne difesa con coraggio e determinazione da Casa Savoia contro coloro che volevano distruggerla, i Protestanti. Fino al regno di Vittorio Emanuele II (che si compromise con la Massoneria e con il liberalismo), Casa Savoia era legata a doppio nodo con la Chiesa e la pietà cristiana era vissuta nella corte in maniera esemplare (si pensi ai sei beati sabaudi e a tutti coloro, di questa dinastia, che sono morti in concetto di santità), tanto che la popolazione non solo veniva guidata dal clero, ma emulava i propri sovrani.

Franca Giusti si è messa in cammino con suo padre per seguire le orme di un’antica strada, per poi accorgersi che così antica non è, e parla di eternità:

«Siamo in due. Io prendo gli appunti con i rettori delle varie chiese e scrivo, ricerco, studio e correggo quanto avevo già scritto. Poi torno ancora sui posti. Papà è sempre con me, scatta foto, curiosa là dove io non riesco ad avvicinarmi, interviene quando sbaglio approccio con chi non chiacchiera volentieri con gli sconosciuti e conosce passo per passo, roccia per roccia i valichi di cui parliamo. E segna il tempo. Lui, i valichi, li ha ripetutamente attraversati, studiati e ben impressi nella memoria. A volte siamo in tre. C’è padre Mario [padre Durando, cappuccino ndr) che fornisce testi, tempo e perplessità, scalciando secoli come sassi e confini come mosche. A volte siamo in tanti. Noi siamo solo alcuni tra i tanti del corteo che segue o insegue la Santa Sindone. Ci sono Vescovi e santi, Duchi e principesse, la schiera di serafini, cherubini e ogni sorta di angeli. Ci sono lampadofori e i committenti dei dipinti, gli addetti alle portantine ed il personale di servizio. E poi cavalli e muli, cuochi e servitori. E ci sono i nostri familiari e gli amici che seguono i lavori e si informano delle novità quasi mischiati a quella folla delle comunità che aspettavano cinque secoli fa, come oggi, di vedere il Volto di Gesù. E c’è San Francesco di Sales, nostro protettore che molto ebbe a che fare con il Sacro Lino» (pp. 9-19).

Le suore del monastero di clausura della Visitazione di Pinerolo raccontano che nel 1613 san Francesco di Sales (1567-1622) si trovava a Torino ed era stato scelto dal duca Carlo Emanuele II fra i Vescovi che dovevano reggere il Santo Telo per un’Ostensione. Era maggio e faceva molto caldo. La folla dei fedeli era immensa. Alcune gocce della fronte madida di sudore del santo savoiardo, miste a lacrime, che uscivano dai suoi occhi colmi d’amore per Nostro Signore, caddero sul «preziosissimo telo». L’anno seguente, il Vescovo di Ginevra, che convertì migliaia e migliaia di calvinisti, commentò così quell’episodio a Madre Giovanna Francesca de Chantal (1572-1641): «Il Cardinale Maurizio di Savoia fu un po’ seccato di questo fatto, ma in cuor mio io pensavo che Nostro Signore non era così delicato e che aveva sparso sudore e sangue per unirlo al nostro e avvalorarlo per la vita eterna» (p. 10). D’altra parte la madre di san Francesco di Sales, quando ancora lo custodiva in grembo (1567), promise, durante l’Ostensione ad Annecy e di fronte alla Reliquia delle reliquie, che il bambino che aspettava apparteneva al Signore: lei l’avrebbe cresciuto e poi l’avrebbe donato a Lui, per sempre. Anche de Chantal, strettamente unita all’anima di san Francesco di Sales, pregò davanti alla Sacra Sindone. Madama Reale Cristina di Francia (1606-1663) fece dispiegare a Torino il Sacro Lino appositamente per lei, già considerata una santa in vita.

Sentieri, mulattiere, chiese, cappelle, case… raccontano una storia straordinaria e inedita. Franca Giusti e suo padre hanno faticato per raggiungere luoghi, anche impervi, e hanno pure scavato, come devoti archeologi, fra edifici diroccati, in felice ricerca di reperti utili a costruire una storia tanto affascinante quanto ricca di religiosità autentica. Ricordiamo anche l’apporto del giovane attore Danilo Ottaviani, che oggi vive negli Stati Uniti, il quale, con la sua splendida voce, interpreta il narratore, leggendo le pagine del libro. Infatti, condividendo l’entusiasmo di chi ha realizzato l’opera, egli racconta, in giro per il mondo, la storia della Santa Sindone. Il ricavato delle offerte libere per ricevere il libro sarà destinato al progetto del ripristino dei sentieri sindonici realizzato dall’Associazione ChaTo (http://www.pellegrinaggiodautore.it/Pellegrini.asp).

Grazie a questo prezioso testo veniamo così a conoscenza di un percorso devozionale tanto inedito quanto spiritualmente intenso, idoneo per chi ha voglia di camminare sia con le gambe che con l’anima, per accorgersi, così, che, come scrisse Shakespeare, «il passato è solo un prologo».

Cristina Siccardi

Fonte: Radici Cristiane, maggio 2015

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