“Legittimi i dubia, il Papa deve confermare i fratelli nella fede”

Dubia dei cardinali, islam, giubileo e concetto di misericordia. Sono i punti centrali e nevralgici di questa interessante intervista rilasciata a La Fede Quotidiana dall’ autorevole e stimata storica della Chiesa  e giornalista Cristina Siccardi .

In una intervista Monsignor Pieronek vescovo polacco ha dichiarato che in questo momento storico l’Europa rischia di diventare islamica non tanto per merito dell’islam, ma per la fede debole dell’Occidente. La stessa cosa ha detto monsingnor Liberati in una intervista  su La Fede Quotidiana. Condivide?

“Hanno perfettamente ragione. Storicamente l’islam si è sempre diffuso più per la debolezza morale ed intellettuale dei suoi nemici, a partire dai Persiani e dai Bizantini del VII secolo, che per una propria intrinseca forza; coloro che hanno tentato di usare i musulmani per i loro scopi tattici ne hanno pagato sempre un caro prezzo. In Europa, inoltre, la Fede cristiana è il nerbo della sua stessa civiltà. Oggi tutti coloro che vogliono scristianizzare il Vecchio Continente (si pensi all’Unione Europea, ai modernisti sedicenti cattolici, agli illuministi di ogni sorta…) si battono per l’accoglienza su vasta scala dei cosiddetti «profughi», in realtà clandestini, che sono, nella stragrande maggioranza, islamici; costoro, sotto l’ideologia della «libertà religiosa», fanno tutto quanto in loro potere per favorire l’apertura di moschee sul territorio europeo”.

Quali differenze possiamo stilare sinteticamente nello stile pontificale di Papa Francesco, Papa Ratzinger e Papa Giovanni Paolo II?

“Tutti questi Pontefici sono figli devoti di quel Concilio Vaticano II che il Cardinale olandese Léon-Joseph Suenens (1904-1996), una delle punte di lancia del progressismo teologico all’interno dell’Assise, definiva come «il 1789 della Chiesa». Accettando questa ineccepibile similitudine, possiamo parlare di Giovanni Paolo II come del massimo esponente della corrente termidoriana, vale a dire quella linea che vuole salvaguardare la Rivoluzione attraverso una sua progressiva implementazione, rifiutando ogni strappo e ogni «grande balzo in avanti» (si pensi al desiderio di questo Pontefice ci scomunicare la Teologia della Liberazione, proposito fermato dal Cardinale Ratzinger, all’epoca Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede); Benedetto XVI, invece, ha rappresentato il punto più alto del bonapartismo, vale a dire l’ideologia che, accettando, senza alcuna riserva, tutti i portati della Rivoluzione, li colora con un’aura vagamente conservatrice e, talvolta, «di destra», a tranquillizzare gli spiriti borghesi ed a far loro digerire le più avanzate sovversioni; Papa Francesco, infine, rappresenta l’ala montagnarda, vale a dire la sinistra giacobina, cui il regnante Pontefice affianca una spiritualità deista e vagamente gnostica; come i montagnardi, Papa Bergoglio crede che la Rivoluzione possa sopravvivere solo in quella che Mao MaoTse-tung (1893-1976) definirà «Rivoluzione permanente», di qui i suoi continui strappi, tanto sul fronte dottrinale, quanto su quello etico”.

Secondo lei perché l’attuale pontificato parla meno dei predecessori dei temi e valori non negoziabili rispetto ai temi sociali?

“L’accento sui temi sociali è il modo, tipicamente giacobino, con cui Papa Francesco fa passare i contenuti morali: egli, come tutta la Teologia della Liberazione, ritiene che la morale discenda dai rapporti socio-politici e non, come ha sempre sostenuto la Tradizione cattolica e, prima ancora, tutto il pensiero classico, che la politica sia parte dell’etica. La Rivoluzione, che questo Pontefice vuole portare in ogni settore della Chiesa, richiede la cancellazione di ogni riferimento al concetto stesso di «principi non negoziabili» e, quindi, perenni: la rivoluzione non può e non deve arrestarsi di fronte a nulla e, meno che meno, di fronte ad un qualche valore morale. Ecco che l’approccio sentimentale e sociale è il miglior grimaldello per scardinare ogni residuo di morale cattolica”.

Dubia dei quattro cardinali: è da considerarsi prassi lecita?

“La prassi di porre dubbi e domande al Pontefice, soprattutto da parte dei più alti vertici della Chiesa docente (Vescovi e Cardinali), è quanto di più legittimo e tradizionale ci sia nella Chiesa: la funzione fondamentale del Pontefice è quella di confermare i fratelli nella Fede (Cfr. Lc 22, 32) e, quindi, quando ci sono testi o espressioni del Papa che paiono in contrasto con la dottrina e/o la morale, non c’è nulla di più ovvio che chiederne spiegazioni al Vicario di Cristo”.

Quale valore e che bilancio attribuisce all’ultimo anno santo detto della misericordia? Che differenze vi ha visto rispetto ai precedenti anni giubilari?

“Questo anno giubilare si pone in ideale continuità con i due Sinodi sulla Famiglia e con l’Esortazione apostolica Amoris laetitia: il concetto tradizionale di Misericordia cattolica viene completamente stravolto, fino a sfiorare l’eresia libertaria del I secolo. La dottrina cattolica attribuisce al termine Misericordia il significato del completamento della Giustizia: non può esistere Misericordia, se non dopo l’attuazione della Giustizia: una volta che il peccatore ha riconosciuto la sua inescusabile colpa, degna di ogni castigo, dando così attuazione alla Giustizia, Dio, Signore di ogni cosa, perfeziona questa Giustizia purificando il cuore del penitente e rendendo medicinale la punizione. Questa è la Misericordia di Dio insegnataci da Nostro Signore Gesù Cristo. La misericordia di Papa Bergoglio, invece, è quella che obnubila la colpa e tace su ogni sorta di punizione, fino a lasciarne intendere la sua abolizione. È il concetto stesso di peccato che risulta, de facto, abrogato. Quest’anno giubilare straordinario, nonostante gli sforzi promozionali di tutti i media, specialmente quelli anticattolici (si pensi, ad esempio, a «La Repubblica»), ha conseguito, in termini di presenze a Roma un risultato che, quantunque non si possa definire irrisorio, si colloca molto al di sotto delle aspettative. Ancora più evidente è, però, il fallimento di questo Giubileo sul piano delle tracce lasciate nella Fede vissuta dei cattolici; ma anche questo si colloca perfettamente nel solco della rivoluzione permanente bergogliana: gli eventi (Giubileo compreso) non sono chiamati a lasciare duraturi segni di sé, ma ad ingenerare l’attesa di nuovi fatti che li cancellino e li superino. Il Giubileo è finito e oggi dobbiamo occuparci dell’accoglienza dei clandestini, possibilmente musulmani. I precedenti Anni Santi hanno sempre avuto una dimensione spirituale e soprannaturale, che ha inciso nell’anima dei fedeli che vi hanno partecipato o, anche solo, assistito; questo, invece, si è caratterizzato per una dimensione meramente materiale, che ha determinato il suo finire nell’atto stesso del suo svolgersi come accade per ogni oggetto di consumo”.

Bruno Volpe

Fonte: La Fede Quotidiana

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