L’esempio della Beata Elisabetta Canori Mora

Elisabetta Canori MoraDal 27 al 30 agosto si è tenuta a Bari la 66ª Settimana Liturgica Nazionale dal tema: Eucaristia, matrimonio, famiglia, organizzata da Mons. Alceste Catella, Vescovo di Casale Monferrato e Presidente del Centro di Azione Liturgica, e ospitata dall’Arcivescovo di Bari-Bitonto, Mons. Francesco Cacucci.

I lavori congressuali si sono svolti al Teatro Petruzzelli. Lavori in grande, dunque, per un evento che ha voluto indirizzare in una certa linea i lavori del prossimo Sinodo straordinario sulla famiglia. La prima relazione introduttiva è stata dedicata a La famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo, curata da Franco Miano e Giuseppina De Simone, coniugi e docenti universitari, scelti come esperti al Sinodo.

Oltre ai lavori congressuali, si è tenuta, nella piazza antistante la Basilica di San Nicola, una festa vera e propria, dal titolo Celebrare l’Amore, presieduta da Monsignor Nunzio Galantino, Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana, festa dove si sono incrociati canti, preghiere, testimonianze e danze.

Fra i relatori anche Monsignor Bruno Forte, Segretario Speciale del Sinodo sulla famiglia, che ha parlato sul tema: Ogni celebrazione liturgica è una festa nuziale. La dimensione eucaristica della vita degli sposi e della famiglia.

Mentre la relazione conclusiva è stata affidata ad Enzo Bianchi, priore della Comunità di Bose, il quale ha parlato de L’Eucaristia della famiglia nel Giorno del Signore. Intervistato per il TGR Puglia del 31 agosto (edizione ore 14.00) ha così dichiarato: «Sì, si conclude la ricerca, il dialogo su un tema che sarà il tema del prossimo Sinodo, da una parte la famiglia come una realtà assolutamente centrale nel cammino di umanizzazione, ma poi anche il giorno del Signore in cui la famiglia deve trovare il luogo in cui davvero rivivere i rapporti in maniera intensa e fare un cammino di comunione e poi l’Eucaristia che è sempre l’esito per tutte le famiglie, certo è un cammino di Misericordia che oggi la Chiesa vuole fare nei confronti delle famiglie che riportano le ferite dell’amore, ma è un cammino che Papa Francesco farà e con lui tutta la Chiesa».

Tutto pronto, allora, per dare la comunione ai divorziati risposati? Tutto pronto per essere “misericordiosi“ nei confronti degli adulteri e, quindi, di coloro che non sono in stato di grazia? Tutto pronto per offendere Dio e rinnegare gli insegnamenti di Cristo, degli Apostoli, della Tradizione della Chiesa?… Dio sta a guardare e con Lui la Madonna e i Santi, fra questi Santi molte coppie di sposi cattolici, di cui parleremo ancora, dopo i coniugi Martin.

Allo stesso tempo ci sono state schiere di persone che, nonostante i loro drammi familiari, hanno resistito nella fede e hanno continuato a credere nel Sacramento del matrimonio, rimanendo fedeli alla promessa indissolubile fatta davanti al Signore e al Suo Altare; un esercito che rifarebbe oggi le stesse scelte indissolubili; le rifarebbe non perché persone più sciocche rispetto a quelle contemporanee, ma perché realmente credenti nelle parole del Salvatore, che invita a prendere la propria piccola o grande Croce, perché «Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero» (Mt 11,30), a differenza dei lassismi umano-misericordiosi che sono tragici macigni, che il Signore non aiuta a portare. Chi ha resistito nella fede all’interno del matrimonio sacramentale sono in prevalenza figure femminili e non per questo c’è da scandalizzarsi.

Infatti, come avevamo già avuto modo di affermare su queste colonne (http://www.corrispondenzaromana.it/la-famiglia-e-sacra-e-la-donna-ne-e-il-fulcro/ ), se in una famiglia «la sposa e la madre rimane al suo posto, quella famiglia, benché il padre sia scapestrato e irresponsabile, rimane ugualmente in piedi. La forza fisica degli uomini è direttamente proporzionale alla forza spirituale delle donne: a lei, non a caso, l’incombenza di partorire, di nutrire, di prendersi cura, dentro le mura domestiche, dei suoi cari, dalla nascita alla morte. Se poi tutto ciò, nella modernità, non viene più considerato, non per questo viene cancellata la vera identità femminile». Ecco perché sono donne le grandi testimoni del matrimonio, anche se sono state abbandonate o hanno vissuto le vessazioni di indegni mariti.

Molti grandi testimoni muliebri hanno raggiunto l’onore degli altari. Molte di queste donne, dopo aver vissuto eroicamente la loro fedeltà coniugale, hanno ricevuto la grazia (durante la loro vita oppure dopo la loro morte) della conversione dei loro consorti.

Come non pensare, allora, alla romana Elisabetta Canori Mora (1774-1825), esemplare sposa, madre e mistica? Beatificata il 24 aprile 1994, ella visse le sofferenze di un matrimonio infelice, ma fu ripagata in maniera straordinaria dal Fedele per eccellenza. Costretta a guadagnarsi da vivere per sé e per le due figlie con il lavoro delle proprie mani, Elisabetta, a cui Gesù promise che Lui stesso sarebbe stato il padre delle sue due figlie (Marianna e Maria Lucina), ebbe una Fede incrollabile.

Dedicava molto tempo alla preghiera e riusciva a ritagliare spazi anche per il servizio ai poveri e all’assistenza degli ammalati. «Ti amo con amore di predilezione, sono per favorirti non meno della mia Teresa, o della mia Geltrude» le disse Cristo ed ella visse così in unione con Dio, sperimentando le soavità di quelle anime che vengono inebriate dall’amore divino in uno scambio di purissima e castissima passione.

Fra i vari doni mistici le fu anche dato di vedere il futuro della Chiesa. Conobbe ed approfondì la spiritualità dei Trinitari, abbracciandone l’ordine secolare. La fama della sua santità, l’eco delle sue esperienze mistiche e dei suoi poteri taumaturgici ebbero grande risonanza già in vita. Offrì se stessa per amore di Cristo e della Chiesa, salvando l’anima del marito ‒ che si convertì ed entrò nell’Ordine secolare dei Trinitari, diventando, dopo la morte della moglie, frate minore conventuale e poi sacerdote, come gli aveva predetto la consorte (questi i miracoli dell’autentico Amore) ‒ ma votò i suoi sacrifici e la sua esistenza anche per il Papa e per la Chiesa tutta. Le sue visioni mistiche e le profezie sulla Chiesa sono contenute nel suo voluminoso Diario. In tale importante e prezioso documento, la beata rivela, in diverse e drammatiche pagine, il disordine religioso ed etico degli uomini di oggi.

Leggiamo la straordinaria fotografia che fece dei nostri giorni, sottolineando il danno che le moderne filosofie hanno compiuto nelle coscienze fiaccate ed insensibili: «Il dì 15 novembre 1818 fu il mio povero spirito nelle orazioni favorito dal Signore con particolare grazia (…) ad un tratto mi fu mostrato il mondo; questo lo vedevo tutto in rivolta, senza ordine, senza giustizia, i sette vizi capitali si portavano in trionfo, e per tutto vedevo che regnava l’ingiustizia, la frode, il libertinaggio e ogni sorta di iniquità.

Il popolo mal costumato, senza fede, senza carità, ma tutti immersi nelle crapule e nelle perverse massime della moderna filosofia. Mio Dio! qual pena provava il povero mio spirito nel vedere che tutti quei popoli avevano la fisionomia più da bestie che uomini. Oh che orrore il mio spirito ne aveva di tutti questi uomini così sformati per il vizio! (…) L’ordine della natura era tutto sconvolto (…) Vedevo poi in mezzo a tanta iniqua gente, un demonio tanto brutto che scorreva il mondo con tanta superbia e alterigia.

Costui teneva gli uomini in una penosa schiavitù, con orgoglioso impero voleva che tutti gli uomini fossero a lui soggetti, rinunziando la fede di Gesù Cristo, con l’inosservanza dei suoi santi comandamenti, dandosi in preda al libertinaggio e alle perverse massime del mondo, adottando la vana e falsa filosofia dei nostri moderni e falsi cristiani. (…) Vedere che dietro a queste false massime correvano pazzamente ogni sorta di persone, di ogni ceto, di ogni età, non solo secolari, ma ancora ecclesiastici di ogni dignità, tanto secolare che regolare (..) Oh cosa non avrei fatto, cosa non avrei patito per compensare le gravi ingiurie che questi finti cristiani facevano all’eterno Dio (…). Vedevo molti ministri del Signore che si spogliavano gli uni con gli altri molto rabbiosamente, si strappavano i paramenti sacri, vedevo rovesciare i sacri altari dagli stessi ministri del Signore, vedevo da questi conculcare con i loro piedi con molto disprezzo i paramenti sacri; per mezzo di un piccolo finestrino ho veduto il misero stato dei popoli: qual confusione, quale scempio, qual rovina (…)».

Alle «ferite dell’amore», come le chiama Enzo Bianchi, che propone cammini non divini, ma di «umanizzazione», come egli stesso ha affermato, la Beata Elisabetta non rispose rinnegando il suo matrimonio e cercando un altro uomo, ma si donò completamente a Gesù, che la ripagò ampiamente (come sempre usa fare il Maestro con chi ha davvero Fede: quante volte nel Vangelo si legge: «La tua Fede ti ha salvato»?, già qui su questa terra) con la Divina Misericordia, quella che salvò lei e suo marito.

Cristina Siccardi

Fonte: Corrispondenza Romana

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