Scriptorium – Recensioni – rubrica del sabato

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Recensioni  –  rubrica del sabato di Cristina Siccardi

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Sono trascorsi 70 anni da quel Venerdì Santo del 13 aprile 1945, quando venne martirizzato il seminarista Rolando Rivi di 14 anni. La sua vicenda non è un fatto del passato, ma una memoria viva e operante che provoca le coscienze alla verità della fede, genera grazie e invita alla conversione.

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zzzrrEgli apparteneva a Cristo e lo dimostrava pubblicamente, senza paura. Il seminarista Rolando Rivi non è un perdente: «Questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede» (1 Gv 5,4). Rolando, beatificato il 5 ottobre 2013, è un’icona dei moltissimi martiri cristiani del nostro tempo, ma anche un’icona delle vocazioni sacerdotali.

Domenica 12 aprile scorso si è svolto nella Pieve di San Valentino, dove si trovano le spoglie di Rolando Rivi l’inaugurazione, alla presenza di Monsignor Massimo Camisasca, Vescovo di Reggio Emilia-Guastalla, della nuova casa Memores Domini: un’opera resa necessaria per accogliere i sempre più numerosi pellegrini che giungono a San Valentino di Castellarano (Reggio Emilia).

Più di 500 persone hanno partecipato all’evento e per l’occasione fra le pubblicazioni presenti dedicate alla figura del giovane martire, segnaliamo Beato Rolando Rivi. Seminarista martire (Shalom) di Emilio Bonicelli. Scrive nella prefazione al testo Monsignor Luigi Negri:

«Fratelli e sorelle è con le lacrime agli occhi che mi accingo a parlare del Beato Rolando Rivi, morto martire per la fede. Piangiamo la morte di questo ragazzo, forte come una quercia per onorare e difendere la sua identità di seminarista. Al lampo di odio dei suoi carnefici egli rispose con la mitezza dei martiri, che inermi offrono la vita perdonando e pregando per i loro persecutori. […] Le ideologie umane crollano perché fondate sul male. Il Vangelo di Gesù non tramonta mai perché fondato sull’amore. Il Vangelo rimane per tutti i tempi e per tutte le nazioni una buona notizia. E oggi il nostro piccolo beato è una buona notizia per tutti. […] Il piccolo Rolando, come tutti i bambini, aveva un sogno: voleva diventare sacerdote. A undici anni, entrò in seminario e […] vestì la veste talare, che da quel giorno diventò la sua divisa. La portava con orgoglio. Era il segno visibile del suo amore sconfinato per Gesù e della sua totale appartenenza alla Chiesa. Non si vergognava della sua piccola talare. Ne era fiero. La portava in seminario, in campagna, in casa. Era il suo tesoro da custodire gelosamente. Era il distintivo della sua scelta di vita, che tutti potevano vedere e capire» ( pp. 7-9).

«Domani un prete di meno», questa la motivazione che venne data dal commissario politico della formazione partigiana garibaldina che uccise il seminarista Rolando Rivi. Ci furono molte vittime fra il clero italiano durante la Seconda guerra mondiale e la guerra civile. Vittime dei nazisti, come don Giuseppe Morosini (1913-1944), accompagnato al supplizio dal Vescovo che lo aveva ordinato sacerdote, il futuro Cardinale Luigi Traglia (1895-1977), oppure come tanti sacerdoti e parroci assassinati dai partigiani e militanti comunisti, anche oltre il 25 aprile, come don Umberto Pessina (1902-1946).

Scrisse il Vescovo di Reggio Emilia, Beniamino Socche (1890-1965), nel suo diario: «…la salma di don Pessina era ancora per terra; la baciai, mi inginocchiai e domandai aiuto (…). Parlai al funerale (…) presi la Sacra Scrittura e lessi le maledizioni di Dio per coloro che toccano i consacrati del Signore. (…) Il giorno dopo era la festa del Corpus Domini; alla processione in città partecipò una moltitudine e tenni il mio discorso, quello che fece cessare tutti gli assassinii. Io  ̶  dissi  ̶  farò noto a tutti i Vescovi del mondo il regime di terrore che il comunismo ha creato in Italia». In Emilia Romagna e soprattutto nel «Triangolo della morte» (Bologna, Modena, Reggio Emilia) perirono barbaramente 93 sacerdoti e religiosi; la maggior parte a seguito delle vendette dei «rossi». Fra le vittime anche Rolando Rivi, colpevole di indossare la talare. Molti tacciano su questa tragica vicenda… per non sporcare l’ “eroica” memoria della Resistenza rossa. Ma oggi Rolando è beato e ogni anno cresce il numero di pellegrini  alla Pieve di San Valentino.

Rolando Maria Rivi nacque il 7 gennaio 1931 proprio a San Valentino, borgo rurale del Comune di Castellarano, in una famiglia profondamente cattolica. Brillante e vivace, di lui si diceva:  «o diventerà un mascalzone o un santo! Non può percorrere una via di mezzo». Con la prima Comunione e la Cresima divenne maturo e responsabile. Rolando, ogni mattina, si alzava presto per servire la Santa Messa e ricevere la Comunione. All’inizio di ottobre del 1942, terminate le scuole elementari, entrò nel Seminario di Marola (Carpineti, Reggio Emilia). Si distinse subito per la sua profonda fede. Amante della musica, entrò a far parte della corale e suonava sia l’armonium che l’organo.

Quando stava per terminare la seconda media, i tedeschi occuparono il Seminario e i frequentanti furono mandati alle loro dimore. Rolando continuò a sentirsi seminarista: la chiesa e la casa parrocchiale furono i suoi luoghi prediletti. Sue occupazioni quotidiane, oltre allo studio, la Santa Messa, il Tabernacolo, il Santo Rosario. I genitori, spaventati dall’odio partigiano, invitarono il figlio a togliersi la talare; tuttavia egli rispose: «Ma perché? Che male faccio a portarla? Non ho voglia di togliermela. Io studio da prete e la veste è il segno che io sono di Gesù».

Questa pubblica appartenenza a Cristo gli fu fatale. Un giorno, mentre i genitori si recavano a lavorare nei campi, Rolando prese i libri e si allontanò, come al solito, per studiare in un boschetto. Arrivarono i partigiani, lo sequestrarono, gli tolsero la talare e lo torturarono. Rimase tre giorni loro prigioniero, subendo offese e violenze; poi lo condannarono a morte. Lo condussero in un bosco, presso Piane di Monchio (Modena); gli fecero scavare la sua fossa, fu fatto inginocchiare sul bordo e gli spararono due colpi di rivoltella, una al cuore e una alla fronte. Poi, della sua nera e immacolata talare, ne fecero un pallone da prendere a calci.

Nell’autunno 2013 fu allestita una mostra itinerante intitolata «Io sono di Gesù» a Rio Saliceto (Reggio Emilia) – 20 pannelli  sulla vita di Rolando che abbiamo potuto vedere e leggere il 13 aprile scorso al Museo della Pieve di San Valentino – essa venne boicottata dai genitori della locale scuola «Anna Frank», i quali, con la motivazione che la mostra «infanga la memoria della Resistenza», ottennero la sospensione delle visite didattiche. Il Vescovo Camisasca non tacque e replicò:

«La beatificazione di Rolando Rivi è stata presentata dalla Chiesa diocesana come un grande momento di riconciliazione. Questo è il significato del riconoscimento che la Chiesa ha dato del martirio. La riconciliazione non può avvenire attraverso la negazione della verità storica. Nessuno deve avere paura della verità storica. Se c’è un male che è stato compiuto dobbiamo denunciarlo: dobbiamo perdonare coloro che l’hanno compiuto, ma non nascondere ciò che è accaduto».

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GALLERIA DI IMMAGINI

(cliccate sulle foto per ingrandirle)

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