Scriptorium – Recensioni – rubrica del sabato

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Recensioni  –  rubrica del sabato di Cristina Siccardi

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Le cetre e i salici. Riflessioni sull’eclissi del canto gregoriano nella Chiesa postconciliare di Mattia Rossi L’Autore, esperto in canto gregoriano, accompagna il lettore nello scibile di questa disciplina, illustrando e spiegando non solo perché è importante la riscoperta da parte della Chiesa del gregoriano, ma la sua indispensabilità. Esso è un tutt’uno con i dogmi, la dottrina e la catechetica di Santa romana Chiesa. Il gregoriano è parte integrante della Tradizione del Cattolicesimo e come tale della Liturgia, quella capace di fondere le anime con il coro celeste, ogni volta che si celebra il Vetus Ordo.

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Cop Le cetre e i salici.inddEsiste la musica sacra ed esiste la musica profana, esse non sono intercambiabili, ognuna deve fare ciò che le spetta e nei luoghi appropriati perché esiste un ordine nelle cose sia soprannaturali che in quelle naturali. Nella collana «I libri del ritorno all’ordine» diretta da Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro (i due nomi sono ancora felicemente associati in questo progetto), edita da Fede & Cultura, è stato recentemente pubblicato un testo di Mattia Rossi, Le cetre e i salici. Riflessioni sull’eclissi del canto gregoriano nella Chiesa postconciliare.

Mattia Rossi, esperto in canto gregoriano, accompagna il lettore nello scibile di questa disciplina, illustrando e spiegando non solo perché è importante la riscoperta da parte della Chiesa del gregoriano, ma la sua indispensabilità. Esso è un tutt’uno con i dogmi, la dottrina e la catechetica di Santa romana Chiesa. Il gregoriano è parte integrante della Tradizione del Cattolicesimo e come tale della Liturgia, quella capace di fondere le anime con il coro celeste, ogni volta che si celebra il Vetus Ordo.

Valore aggiunto del libro di Rossi sta nell’avanzare critica non solo al progressismo avviato durante il Concilio Vaticano II e proseguito ad oltranza, progressismo che ha bandito e calpestato il gregoriano, ma anche a coloro che vedono nella liturgia un percorso religioso estetizzante:

«Dall’altro lato, a contraltare del progressismo, troviamo un certo tradizionalismo tutto solamente pizzi e merletti. Uso con riluttanza tale definizione, tanto è un must del modernismo liturgico, ma quella che, inutile nasconderlo, dipinge correttamente una fetta del tradizionalismo cattolico che, re-inutile nasconderlo, esiste. In tale galassia del mondo tradizionalista, il canto gregoriano è utilizzato niente più che come necessaria glassa di ampollose Messe cantate di agghindati prelati “fibbiati” e “ghettati”, come un chimerico balsamo di ogni decadimento liturgico. Per costoro il gregoriano non è altro che un topos di quell’eldorado liturgico-musicale che fu un non ben definito “passato”. Apice di tale riduttiva considerazione del gregoriano è rappresentato dal fatto che il canto gregoriano sia (ai loro occhi) da affiancare alle altrettanto gloriose (ai loro occhi) marcette all’elevazione di fattura ottocentesca perché anche quelle fanno parte (ai loro occhi) della Tradizione. Ma, come insegna mons. Marcel Lefebvre,

La Tradizione non è il complesso delle usanze legate al passato e custodite per fedeltà a questo passato, anche in mancanza di ragioni chiare. La Tradizione si definisce come il deposito della fede trasmesso dal magistero della Chiesa di secolo in secolo”» (pp. 21-22).

È chiaro che non ci può essere una reale consapevolezza del valore del gregoriano se non esiste, fra il clero come fra i fedeli, la consapevolezza di cos’è realmente la Santa Messa e l’oceanica differenza che divide il Vetus Ordo dal Novus Ordo. Facciamo un esempio: se durante una Messa del nuovo rito venisse eseguito un brano gregoriano, esso abbellirebbe per alcuni minuti spiritualmente ed esteticamente l’evento liturgico, ma risulterebbe un elemento a se stante, come un dito mozzato gettato lontano dal corpo di appartenenza. E nell’anima si avrebbe una distorsione: essa capterebbe la bellezza e salirebbe di qualche millimetro verso le realtà più alte, ma poi sarebbe nuovamente scaraventata a terra in mezzo alle imperfezioni umane. Mentre il canto gregoriano che accompagna il Santo Sacrificio di sempre è elemento inscindibile di un’Opera perfetta (la Santa Messa in rito antico), dove l’elemento umano sparisce per fare spazio alle realtà celesti, realizzando così un effetto pedagogico sul fedele, come afferma Monsignor Schneider nel suo libro Dominus est. Riflessioni di un vescovo dell’Asia Centrale sulla sacra Comunione (LEV):

«il rito deve essere una testimonianza fedele di ciò che la Chiesa crede. Il rito deve essere il pedagogo al servizio della fede (del dogma)» (p. 24).

Il libro, che riporta la prefazione di Maria Guarini, è un ottimo sussidio per tutti coloro che desiderano comprendere perché è importante il gregoriano, ma è anche ottimo strumento per chi già l’ha scoperto. Infatti non si tratta semplicemente di un trattato che delinea le bellezze di un canto eterno per essenza e per sostanza, ma, con numerosi esempi tratti dal vasto repertorio, viene proposto il profilo di un canto sacro che per secoli ha sostenuto il culto divino, mietendo, contemporaneamente, una robusta e sana evangelizzazione.

Ci sia concesso, in questa circostanza, rammentare due mirabili e geniali compositori di musica sacra gregoriana: la mistica e Dottore della Chiesa Santa Ildegarda di Bingen (Bermersheim vor der Höhe 1098 – Bingen am Rhein, 17 settembre 1179) e Monsignor Lorenzo Perosi (Tortona, 21 dicembre 1872 – Roma, 12 ottobre 1956), scoperto e sostenuto da San Pio X, già prima che salisse al trono pontificio. Di entrambi proponiamo, per chi desidera averne un saggio, due audio.

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“O magne Pater”/ “Ave, Maria, o auctrix vitae”

https://www.youtube.com/watch?v=8kJmZhgsnlA

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Kyrie (Missa Secunda Pontificalis) 

https://www.youtube.com/watch?v=zNWHBWjK7BQ

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Non ci resta che augurare una buona lettura e un buon ascolto!

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