8 settembre: natività di Maria

Fra pochi giorni la Chiesa festeggerà la natività di Maria Vergine: 8 settembre, giorno mirabile per i credenti. La nascita di Maria Vergine è stata la via per la salvezza nostra attraverso l’Incarnazione del Figlio di Dio nel suo grembo. In questa data che rimanda alla venuta al mondo della Madre di Dio, della Madre della Chiesa, della Madre al Cielo di ciascuno di noi, ci è gradito rammentare un figlio Suo, che proprio Lei, personalmente, volle riacciuffare dai gorghi delle idee ateistiche dell’età moderna: Paul Claudel.

Nato il 6 agosto 1868 in un piccolo villaggio di campagna, a Villeneuve-sur-Fère-en-Tardenois (Aisne), nell’Ile-de-France, viene battezzato l’8 settembre e consacrato alla Vergine Maria, come egli stesso amerà ripetere più volte. Ma a 10 anni lascia la pratica religiosa. Intelligente, dalla mente acuta e profonda, all’età di 16 anni inizia ad avversare la cultura sua contemporanea, fatta di illuminismo, di razionalismo, di positivismo e i suoi rappresentanti (Zola, Renan, Taine…), che considera responsabili del decadimento della cultura per un approdo distruttivo della persona: il materialismo. È appassionato alla musica di Beethoven e Wagner e alla letteratura di Eschilo, Shakespeare, Baudelaire, Gide, Proust.

Nel 1886 scopre le Illuminations di Rimbaud e da qui si consolida la sua vocazione poetica. Arriviamo, quindi, al tardo pomeriggio del 25 dicembre di quello stesso anno. Il diciottenne Claudel, passeggiando in quell’ora di Natale accanto alle parigine acque della Senna, sente un angelico coro intento ad eseguire, per i Vespri, il Magnificat.

Come magnetizzato dalla bellezza del celestiale inno, segue quelle note che lo conducono fin all’interno di Notre-Dame e allora avviene l’imprevedibile, la folgorazione, la conversione: «Stavo in piedi,», scriverà diversi anni dopo, nel 1913, quando deciderà di dare testimonianza pubblica (di un evento estremamente intimo) ad un mondo occidentale sempre più materialista, sempre più senza Dio e contro Dio, «in mezzo alla folla, accanto al secondo pilastro, all’entrata del coro. Fu allora che si produsse l’evento che domina tutta la mia vita. In un attimo il mio cuore fu toccato. Io credetti. Avevo provato improvvisamente il sentimento lacerante dell’innocenza; l’eterna infanzia di Dio. Credetti con una tale forza di adesione, con un tale innalzamento di tutto il mio essere, con una convinzione così decisa, con una certezza ricca di dubbi, che in seguito né i libri, né i ragionamenti, né le sorti di una vita agiata hanno potuto scuotere la mia fede».

Quella fede che è un dono, a cui si arriva per grazia di Dio, era arrivata grazie all’intercessione della Beata Vergine Maria al quale il piccolo Paul era stato consacrato nel giorno del suo battesimo, caduto proprio l’8 settembre.

Accolta la fede come regalo sublime, Claudel, che pensa in poesia, ha composto liriche cariche di conoscenza delle Sacre Scritture, dove l’amata presenza mariana è persistente, irrinunciabile, coprente ogni angolo e ogni linea. Così canta la venuta dell’Unto di Dio, che nel disegno della storia della Salvezza spaccò la storia in terra: «“È nato il divino Bambino!”. E anche voi ascoltate questo canto!/Voi, antichi, che l’Inferno ancora racchiude nella sua vasta capacità!/L’albero della vita dove nasce il frutto eterno trasale nelle sue generazioni:/Ecco il maschio mirabile che la Vergine mette nelle braccia di Simeone!/Madri e Patriarchi, gioite, antenati di Gesù Cristo!/Dall’osso che è schizzato dalle vostra ossa esce il Vendicatore di cui è scritto./[…] La terra fino al profondo Adamo trema e si apre! […]Ma già l’alba biancheggia sul deserto, di questo giorno che non finirà più,/Il punto del nostro primo giorno cristiano, l’anno Primo della grazia e della nostra salvezza!/Qui e dopo Dio è con noi per sempre./Finché noi saremo con lui, e non è la stesa cosa! Perché il proposito in noi è corto./E subito noi andiamo a compiere di nuovo il male, ma ci è dato un ricorso/A questo cuore nel Tabernacolo che è tanto debole per noi e così pieno d’amore!/[…]Io abito la gioia divina, come Giuseppe il carpentiere,/Vedendo accanto a me questo piccolo bambino, che è nostro Signore,/E Maria, nostra madre, che non dice nulla, e conserva queste cose nel suo cuore» (in Corona benignitatis anni Dei, 1909-1911).

Nulla gli sembrerà più falso della massima socratica: «Conosci te stesso!», la considererà assurda, in quanto non ci si conosce da soli, perché l’unico modo per conoscersi è dimenticare se stessi, abbandonandosi in Dio, da qui la sua venerazione, la sua devozione incondizionata per i santi, i campioni della fede, i dimentichi per eccellenza di sé.

Nel 1910 e per un intero decennio compone le Cinq Grandes Odes (Cinque grandi Odi), che illustrano in versi la scoperta di Dio e della poesia. Gli ultimi vent’anni della sua vita, complessa e travagliata, sono protesi a difendere i principi cattolici in cui crede, contro tutta una serie di errori, come il socialismo, o contro le tensioni ai rinnovamenti di carattere religioso, fra cui il modernismo liturgico.

In Cristo si forma la Chiesa e, per Claudel, Dio non si confonde con l’uomo, come oggi la stessa Chiesa, purtroppo, sostiene. Cristo non si identifica con gli uomini ed ecco che il poeta non esita a parlare di salvati e di reprobi, così, apertis verbis, parla di Inferno, nel quale supplica Dio di non farlo precipitare. E cos’è per il poeta cattolico francese una chiesa? «non è un edificio trascurabile o confondibile con le case degli uomini: è lo spazio di Dio dove si radunano i credenti per pregare e da cui partono per costruire un mondo nuovo» (P. Claudel, Opere poetiche. Antologia di testi religiosi, tradotti da Mons. Alessandro Maggiolini, Cantagalli, Siena 2009, p. 25), un mondo dove i Sacramenti permettono alle anime di vivere nell’ordine e nell’armonia, secondo le leggi del Creatore.

In una chiesa architettonicamente moderna, aniconica, priva di liturgia secondo la Tradizione della Chiesa, digiuna di sacralità, sterile, glaciale, che della chiesa, per assomigliare alle case di preghiera protestanti, non ricorda più forme, colori e volumi, Paul Claudel non si sarebbe potuto convertire, come non si sarebbe potuto convertire il beato John Henry Newman, che in Sicilia, come nelle chiese ambrosiane, entrò in luoghi d’incanto divino, come egli stesso racconterà, dove architetture, arti figurative, liturgie rappresentavano il Paradiso. Come non citare, allora, proprio una chiesa intitolata alla natività di Maria come la maestosa cattedrale di Siracusa?

Il Duomo della Natività di Maria Santissima sorge sulla parte elevata dell’isola di Ortigia e incorpora quello che fu il principale tempio sacro in stile dorico della polis di Syrakousai, dedicato ad Atena e convertito in chiesa con l’avvento del Cristianesimo. Molteplici artisti hanno impiegato il loro talento in questa che fu fra la prima dimora della Trinità in Occidente. Natività di Maria, natività dell’Europa cristiana.

Del tempio greco, voluto dal tiranno di Siracusa Gelone nel 480 a.C., per ringraziare Atena della vittoria conseguita ad Imera contro i cartaginesi, si possono ancora ammirare quasi tutte le colonne del peristilio e parti delle mura della cella. Queste, nel VI secolo d.C., furono inglobate nella chiesa bizantina che si sovrappose all’originaria struttura templare dell’edificio. I bizantini innalzarono delle mura solide nello spazio tra le colonne e aprirono otto archi sulle pareti dell’antica cella, trasformando, così, il tempio in una basilica cristiana a tre navate che consacrarono alla Vergine Maria.

I musulmani nel IX secolo, dopo aver conquistato e distrutto Siracusa, risparmiarono il Duomo, ma lo mutarono in moschea. Successivamente i normanni, nel XII secolo, ripristinano il Cristianesimo e quindi il Duomo tornò ad essere tale con una facciata modellata nel loro stile architettonico,imponente, solenne, austero. Il tragico terremoto del 1693 annienterà diverse città della Sicilia orientale e con esse gran parte di Siracusa. Tuttavia la cattedrale non crollò e benché la facciata venne compromessa, la struttura interna, comprese le colonne del tempio greco, rimasero dispensate.

La ricostruzione di ciò che fu danneggiato avvenne nell’epoca tardo spagnola, che segnò ciò che noi oggi ancora ammiriamo: lo stile controriformista e barocco. Nel tempo della seconda guerra mondiale il Duomo resistette ai bombardamenti, a differenza di molte altre chiese siracusane.

Tale resistenza millenaria ha fatto di questa ampia cattedrale una testimonianza architettonica sacra unica al mondo. «La chiesa di Siracusa è la prima figlia di San Pietro e seconda dopo la chiesa di Antiochia dedicata a Cristo» (Lettera di papa Leone X, 1517): proprio in questa città, dunque, sorse la seconda chiesa dedicata a Cristo dopo quella di Antiochia, antica capitale della Siria.La storia della Chiesa siracusana ha origini apostoliche: qui venne a predicare, nel61,san Paolo di Tarso (Atti 28,12).

La tradizione racconta che il primo proto vescovo della città fu inviato direttamente da san Pietro nell’anno 39, proveniva da Antiochia, era san Marciano. Sarà il Vescovo di Siracusa, san Zosimo, nel 640, a trasferire dalla chiesa di «San Giovanni alle catacombe» alla neo basilica dell’isola di Ortigia la sede della cattedrale siracusana, dedicandola alla Natività di Maria, Colei che minaccia e trionfa da sempre su Satana, il padrone degli abissi, come ci ricorda Paul Claudel: «Ti saluto, donna inginocchiata nello splendore, primogenita di tutte le creature!/Gli abissi non erano ancora è già tu eri concepita[nel disegno di Dio ndr]./Tu hai fatto uscire la luce inestinguibile nei cieli!/Quando l’Onnipotente tracciava una croce sull’abisso, aveva posto davanti a sé un’immagine,/Come io l’ho davanti a me nel mio cuore, oh grande giglio, Vergine pura!» (in Corona benignitatis anni Dei).

Dirà il poeta mariano in punto di morte, colto da attacco cardiaco il 23 febbraio 1955, Mercoledì delle ceneri, dopo aver fatto in tempo a ricevere tutti i Sacramenti: «Non ho paura». Con Te, Maria, non abbiamo paura.

Cristina Siccardi

Fonte: Corrispondenza Romana

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