La beata Maria Cristina. Un’anima rivolta a Dio

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Il 25 gennaio 2014 nella Basilica di Santa Chiara a Napoli il Cardinale Angelo Amato, Prefetto della Congregazione dei Santi, proclamerà beata Maria Cristina di Savoia. La sua figura rientra nei parametri di come il Creatore ha pensato la donna: dispensatrice di accoglienza, di pace, serenità e maternità. Formidabile la sua Fede e formidabile il suo modello per la nostra insana epoca: l’unico bene a cui ambì fu quello di rispondere alla volontà di Dio. Figlia, sposa, madre esemplare, per dare alla luce suo figlio rinunciò alla propria vita. Di fronte alla distruzione della famiglia, la quale si è avviata, nei diversi Stati, con l’approvazione della legge sul divorzio per poi giungere ad un progressivo disfacimento del concetto stesso di matrimonio (oggi esiste un principio di “famiglia” secondo non una realtà oggettiva di natura, ma secondo un’idea soggettiva e perversa) e di fronte alla distruzione dei bambini nel grembo materno (genocidio legalizzato), la santità di Maria Cristina giunge a noi in tutta la sua potenza di grazia e di bellezza.

L’ultimogenita di Vittorio Emanuele I (1759-1824) e di Maria Teresa d’Asburgo-Este (1773-1832) nacque a Cagliari il 14 novembre 1812. In quel tempo i Savoia erano esiliati in Sardegna a causa del controllo governativo napoleonico in Piemonte. Con la Restaurazione, il sovrano fece ritorno a Torino e la famiglia lo raggiunse l’anno seguente. La piccola Maria Cristina venne affidata all’educazione di un precettore olivetano, Padre Giovanni Battista Terzi, il quale divenne suo direttore spirituale, restandole sempre al fianco.

Incline all’ordine e alla pietà, la «studente M. Cristina», come usava firmare i suoi quaderni, otteneva eccellenti risultati nello studio. Ella aveva una passione particolare per il Santo Rosario; nella famiglia reale era uso recitarlo in comune nel tempo di Quaresima, ma per accontentare i suoi desideri si prese a recitarlo frequentemente, così, all’ora stabilita, la bambina faceva suonare una campanella e correva per le sale del Palazzo reale per convocare cameriste e donne di servizio.

Nella sua camera aveva poi un piccolo inginocchiatoio e diverse immagini sacre: su quella della Madonna Addolorata aveva scritto il suo nome e alcune espressioni dello Stabat Mater. Un amore speciale nutriva per il Presepio, al cui allestimento mai rinunciò: quando divenne Regina mantenne l’usanza di confezionare con le proprie mani vestiti in seta per i personaggi in terracotta.

Aveva 9 anni quando sua madre chiamò nella cappella reale le figlie per annunciare loro che il padre non era più Re, avendo abdicato, dopo i moti del 1821, in favore del fratello Carlo Felice (1765-1831). Tre anni dopo morì Vittorio Emanuele nella residenza sabauda di Moncalieri e Maria Cristina, colpita da grande dolore, destinò i suoi risparmi per la celebrazione di numerose Messe in suffragio del padre, disponendo molti lasciti ad orfani e poveri.

Nella Pentecoste del 1824 Leone XI (1535-1605) annunciò la celebrazione del Giubileo. La Regina e le figlie Maria Anna e Maria Cristina si trasferirono il 21 ottobre a Roma e qui rimasero per sette mesi, partecipando alle sacre funzioni in San Pietro, incontrando più volte il Sommo Pontefice in udienze private, visitando le Basiliche, le catacombe e i luoghi dei martiri e dei santi. Durante il loro pellegrinaggio alle Basiliche tenevano il capo coperto e non portavano le scarpe.

Intelligente e bella, Maria Cristina aveva una grazia innata, una dolcezza che affascinava, colta e intelligente, in lei emergevano in particolare doti morali e spirituali: un innato senso del dovere, della giustizia e della rettitudine, una profonda Fede ed una sincera vita di pietà. Per tutte queste qualità ella rientrò nell’interesse di molti pretendenti delle più ricche corti d’Europa. Da parte sua Maria Cristina, che non amava la vita pubblica, ebbe un periodo in cui credette di essere chiamata alla vita contemplativa: sarebbe voluta entrare nel monastero delle Suore Turchine dell’Annunziata di Genova. Tuttavia, dopo la morte di Maria Teresa d’Asburgo Savoia, avvenuta il 29 marzo 1832, Maria Cristina fu chiamata dal nuovo sovrano, Carlo Alberto (1798-1849), ad accettare il matrimonio per ragioni di Stato con Re Ferdinando II di Borbone (1810-1859) poiché era necessario per i Savoia consolidare i rapporti con il Regno delle Due Sicilie; per tale ragione fu richiamata d’urgenza a Torino, senza darle neppure la possibilità di partecipare ai funerali della madre, temendo che si ritirasse in una delle corti delle sorelle già sposate.

Più volte Maria Cristina aveva rivelato la propria vocazione religiosa a Padre Terzi, ma il direttore spirituale l’aveva dissuasa: «Lo stato che Ella vuole eleggere è uno stato molto arduo, e tale che richiede grandi virtù, ed una speciale vocazione di Dio, ed io penso che questo non sia lo stato che Iddio vuole da Lei. Credo piuttosto che piaccia al Signore che Ella accetti il partito che egli stesso le ha presentato e che consoli il re Ferdinando con una risposta affermativa».

Maria Cristina fu obbediente e il 21 novembre 1832 sposò Ferdinando, sovrano già da tre anni. Benché i due sposi non si fossero mai visti,  si amarono immediatamente, tanto che pochi giorni dopo il suo ingresso a Napoli la neoregina scriveva alla contessa di Volvera: «Le scrivo per assicurarla che grazie al Signore io non posso essere più felice, e non avrei mai creduto che si potesse esserlo tanto in questo mondo, massime con il mio carattere, che lei ben conosce. Insomma si vede che tutto quest’affare fu condotto da Dio, giacché le opere umane non possono mai riuscire così, ed io non posso abbastanza ringraziare Iddio per tutte le infinite grazie che mi ha fatte e continua sempre a farmi…».

L’arrivo di Maria Cristina portò ordine e attenzione religiosa nella corte. Nell’attività di governo del consorte Maria Cristina agiva con la preghiera. Fra i due sposi si era poi creato un rito particolare quando il Re si assentava per obblighi importanti e delicati: la moglie imponeva le mani in forma di croce sul marito. In un libretto a lei appartenuto si sono trovate questi propositi, scritti di suo pugno:

«Ascoltare sempre ed in tutto mio marito./ Badare assai nel parlare con chiunque. / Non dar retta ai consigli ed avvertimenti di tutti. / Pensar bene, prima di far una cosa, alle conseguenze. / Essere garbata con tutti / senza render conto dei fatti miei a nessuno, / né dar troppa confidenza. / Non lusingare la gente lasciando credere il falso / per compassione di far dispiacere dicendo la verità. / Quando mi trovo in dubbio e non so con chi parlare / per consigliarmi, tacere e ricorrere a Dio / e poi fare ciò che mi parrà voler Suo».

 Ciò che di lei maggiormente conquistò la popolazione napoletana e che diffuse la sua fama di santità fu la carità che esercitò mirabilmente: una volta giunta a Palazzo reale diede ordine che le richieste inoltrate a suo nome non fossero respinte e fece porre dove le scale della reggia un’apposita cassetta per raccogliere le richieste, che giungevano anche dalle poste del Regno. Si consultava poi con Padre Terzi, con i Vescovi ed i parroci per evitare fasulle istanze di approfittatori. Per far fronte a tanta beneficenza che elargiva anche direttamente alle parrocchie con denaro e beni, ella attingeva dal suo patrimonio personale. Si è valutato che nel breve periodo in cui fu regina ella spese 97.200 ducati, che corrispondono a circa 500 mila euro odierni.

Grazie alla sua intercessione diverse persone vennero graziate dalla condanna a morte e fondamentale risultò il suo interessamento per il ripristino della «Colonia» di San Leucio per l’industria della seta, caduta in degrado. A proprie spese fece mettere a dimora nuove piante di gelso per l’allevamento dei bozzoli, avviò la ristrutturazione dei locali e l’ampliamento delle fabbriche, acquistò nuovi telai e chiamò esperti di Lione per istruire i lavoranti sul ciclo di produzione, infine organizzò la vendita della seta in appositi negozi di Napoli. La regina iniziò a farsi confezionare con quelle sete abiti secondo la moda di Parigi, inducendo dame e signore ad imitarla, incrementando così le vendite e il benessere delle famiglie.

Dopo due anni e mezzo di matrimonio non c’era ancora segno di discendenza e mentre il fratello di Ferdinando, Carlo, iniziava a sperare in una sterilità della coppia, Maria Cristina ricorse all’accorata e insistente preghiera e facendo celebrare Sante Messe. Per dodici volte andò in pellegrinaggio a Mugnano, presso le reliquie di Santa Filomena.

Nell’aprile 1835 proprio a questo Santuario inviò un bambino d’argento come ex voto per l’avvenuta gravidanza. Il felice Ferdinando moltiplicò le sue attenzioni alla concorse e le fece trascorrere un lungo tempo di riposo nel Palazzo di Portici, dove lo sguardo poteva abbracciare l’intero golfo di Napoli. Maria Cristina, però, aveva una gioia contenuta, le pareva che fosse giunta al capo linea dell’opera a lei affidata da Dio. Preparò disposizioni scritte, fra le quali quella di continuare a compiere opere di carità anche quando lei non ci sarebbe più stata.

Francesco, Maria, Leopoldo nacque il 16 gennaio 1836. Quando lo presentarono a sua madre, dopo il Battesimo del giorno seguente, lo offrì per la gloria di Dio. Ma il parto era stato assai difficile e dopo una settimana di sofferenza la setticemia non lasciò più alcuna speranza. Si fece portare il velo della Santa Messa e da padre Terzi ricevette la Comunione e l’Unzione degli infermi. Poi chiese perdono a tutti e a Ferdinando raccomandò il figlio e quando «sarà grande, allora gli dirai che io muoio per lui». Al mattino del 31 gennaio chiese di vedere il suo bambino, lo baciò e lo benedisse. Poi lo restituì: «Ora debbo pensare solo a Dio». Morì a mezzogiorno, aveva 24 anni.

Il corpo della «Regina santa» fu tumulato in Santa Chiara a Napoli, dove la gente accorse subito a pregare per ottenere grazie e miracoli, che arrivarono copiosi. La causa di beatificazione fu avviata dal Cardinale Sisto Riario Sforza, Arcivescovo di Napoli, nel 1852. Nel 1937 Pio XI promulgò il Decreto di riconoscimento delle virtù eroiche della Venerabile regina. Dopo la guerra mondiale, a causa dei drastici mutamenti politici, l’iter processuale della Congregazione della Causa dei Santi subì un rallentamento, ma non la sua fama di santità.

Cristina Siccardi

Fonte: Radici Cristiane, febbraio 2014

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