La Bellezza e l’Arte Sacra: esistono ancora. Un libro di Daphné Du Barry

di Paolo Deotto – 4 gennaio 2017 “Riscossa Cristiana”

In un libro su Daphné Du Barry, pubblicato da Giorgio Mondadori, con interventi di Cristina Siccardi, Francesco Colafemmina e Jean-Louis Harouel, troviamo i confortanti esempi di un’arte sacra vera, che si oppone alla bruttura e allo squallore imperanti nella società e nella stessa Chiesa, che si affida ad “artisti” atei, se non anche massoni, con i risultati che abbiamo sotto gli occhi. Il tremendo esempio della statua di Padre Pio che si trova alle porte di Benevento.

Esistono ancora nel mondo artisti cattolici di Arte Sacra, ma Sacra veramente? Esistono scultori che siano ancora in grado di creare statue di Cristo, della Madonna, degli Angeli, dei Santi, che li rappresentino realmente quali essi sono e non interpretazioni personali sconclusionate e spesso dissacratorie? Interpretazioni soggettivistiche e autoreferenziali che operano all’interno di un’Arte contemporanea che si fa beffe della religione delle immagini (figurativo è il Cristianesimo, fin dal suo sorgere), a differenza di quella musulmana, ebraica e protestante, tutte orgogliosamente in ferma opposizione alle immagini.

Scrive la nostra amica e collaboratrice Cristina Siccardi nel testo dal titolo La bellezza nell’arte sacra: maestà della trascendenza, che correda lo splendido volume, pubblicato recentemente da Giorgio Mondadori in francese, italiano, inglese, Daphné Du Barry. Il bronzo e la Bellezza: «L’arte scultorea di Daphné Du Barry è quella che riconduce alla purezza delle forme, all’armonia dei volumi, alla maestà della trascendenza, fatta di bontà e di bellezza, all’anima che parla attraverso la creatività connessa ai canoni classici, quelli intramontabili, che non conoscono le mode, bensì la solidità della tradizione che attinge sì alle scuole della classicità, ma, in ultima analisi, all’Artista Sommo che nella creazione ha lasciato la sua impronta di stupefacente incanto e fascino. Una scultrice completa come Daphné Du Barry non poteva non impegnarsi nell’arte sacra, quella che da sempre veicola, in maniera concreta e visiva, la Fede» (p. 212).

Benedetto Aloia, Monumento a San Pio da Pietrelcina, Benevento (2001)

Non voglio certo rubare il mestiere ai critici d’arte. Né sono particolarmente preparato in materia. Sono però anch’io, come moltissimi, in grado di distinguere il Bello dalle brutture abominevoli che vediamo in giro e che ci fanno soffrire soprattutto quando riguardano l’arte che dovrebbe, per i soggetti che rappresenta, essere “sacra”, unita allo squallore delle chiese cosiddette “moderne”. Un esempio per tutti può ben essere l’orrenda statua del Padre Pio-robot, che si trova alle porte di Benevento. Ne riportiamo la foto in calce perché tutti possano rendersi conto di quanto siamo scesi in basso. Alta 12 metri, “opera” di Benedetto Aloia, essa venne inaugurata nel 2001 e da allora troneggia nella sua bruttezza. Indicata da «La Repubblica» come vincitrice di un sondaggio sui «Monumenti dell’orrore», derisa da Beppe Grillo in visita alla città anni addietro («Ma che cos’è, una fattucchiera?»), l’opera è conosciuta anche come Padre pio-robot, Strega di Benevento, monumento a Batman, monumento all’alieno,  spaventalieni, oppure Padre Pio motociclista. Per abbattere il terrificante manufatto – per il quale i beneventani si impegnarono di tasca propria per poter godere di una scultura che rappresentasse il loro santo concittadino (Pietrelcina, come si sa, è in provincia di Benevento) – è stata tentata una petizione, rimasta, inutile dirlo, senza esito.

Ben altra impressione danno le straordinarie sculture in bronzo di Daphné Du Barry, originaria dei Paesi Bassi. Nel volume della Mondadori, sulla cui copertina è riprodotto uno splendido volto bronzeo, quello di santa Ildegarda di Bingen, Dottore della Chiesa (alla quale, ricordiamo, Cristina Siccardi dedicò una esaustiva biografia storico-spirituale), sono riprodotte le sue diverse opere d’arte sacra, ma anche profana, che la scultrice ha realizzato e che sono state collocate in diversi prestigiosi e sacri luoghi del mondo. Così veniamo a conoscere: Cristo in croce (1,80 m) nella Cattedrale di Monaco; La Madonna del Pollino (2,20) a San Severino Lucano in Basilicata; Giovanna d’Arco: la preghiera prima del combattimento (50 cm); Madonna degli Innocenti (50 cm), innocenti che ricordano i bambini abortiti; Padre Charles de Foucauld (2, 65 m) sul sagrato della chiesa di Saint Pierre-le-Jeune a Strasburgo; Battesimo di Clodoveo ad opera di San Remigio nella chiesa di San Remigio a Firenze; San Giovanni Battista (2,20 m) a Malta; l’Angelo della Concordia (4 m) a Rock Harbour, Orleans, Cape Cod; l’altorilievo di San Michele Arcangelo (1 m)… Sono queste opere che, essendo belle, riposano la vista e trasmettono serenità, consentendo di dire, anche a un profano come il sottoscritto «Questa è arte sacra!».

La bruttezza o l’assenza di sculture e immagini riempiono le glaciali “chiese” di fattura moderna. Più che chiese sono scatole, garage, sale riunioni manageriali oppure stanze per assemblee condominiali. Si rimane letteralmente allibiti entrando in tali ambienti privi di sacralità e che non inducono né alla preghiera, né alla contemplazione, né tantomeno all’adorazione. Esiste una vera e propria mercificazione nell’Arte contemporanea, dove artisti e relative opere non valgono per se stessi, ma il loro valore è dettato dai poteri economici che li sostengono e dal relativo rumore mediatico. Proprio a questa mercificazione si è piegata la Chiesa conciliare quando commissiona ad artisti indegni, e spesso persino atei, delle opere per le chiese costruite su progetti di architetti altrettanto indegni, atei, quand’anche massoni. Inoltre in molti luoghi di “culto”, le pareti rimangono addirittura spoglie di immagini e delle sculture non c’è neppure l’ombra.

Kostas Mavrakis, dottore in filosofia e arti plastiche, docente all’Università di Parigi VIII, dichiara nella sua prefazione al volume: «A volte il caso (o la Provvidenza?) ci fa un regalo inatteso. Mi è capitata questa fortuna una sera a casa di Aude de Kerros [autrice di L’Art caché. Les dissidents de l’art contemporain, Eyrolles 2007 – ndr]. La mia attenzione fu attratta dalla copertina di un libro posato su un tavolino: la fotografia di una magnifica scultura in bronzo. Chiesi informazioni alla mia ospite che si affrettò a presentarmi l’artista, Daphné Du Barry. La mia prima reazione, ancora prima dell’ammirazione, fu di stupore e incredulità. La razza degli artisti non era stata completamente sterminata. Coloro che amano l’arte sanno in quale clandestinità pittori e scultori si evolvano oggigiorno. Più numerosi di quanto s’immagini, si ostinano a perseguire le loro visioni e a dare forma ai loro sogni finché i media, braccio secolare della dittatura della non-arte, fanno di tutto per ricacciarli nell’oscurità» (p. 11).

Nonostante la colpevole ignoranza delle Diocesi e delle Conferenze episcopali circa la vera Arte Sacra, la razza degli artisti, del valore e del coraggio della cattolica Daphné Du Barry, sopravvive, realizzando opere per la maggior Gloria di Dio e per la devozione di quei fedeli che mai si rassegneranno alle direttive ecclesiali vendute al mondo. «Bisogna soffocare il brutto nell’abbondanza del bello» recita una dicitura della Du Barry a fronte di una splendida fotografia che la ritrae intenta a modellare sulla creta il Cristo in croce, stampo quasi pronto per la prossima fusione in bronzo.

 

 

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