La vera carità e giustizia per i nostri fratelli d’Africa

 

Ancora morti, ancora sbarchi, ancora clandestini, ancora scellerata politica migratoria da parte di uomini di Governo e di uomini della Chiesa, tutti dal profilo ideologicamente globalista. Sono cinque i cadaveri recuperati fino ad ora dalla Guardia Costiera e dalla Guardia di Finanza dopo il naufragio dell’imbarcazione avvenuto lo scorso sabato 24 novembre ad un miglio dalla costa di Lampedusa; 149 migranti sono stati tratti in salvo, ma una ventina di persone che erano con loro, sono tuttora disperse. Un’ecatombe impietosa, che sembra non avere fine… Intanto dopo Taranto per la Ong Open Arms, il Viminale ha assegnato il porto di Pozzallo alla Aita Mari, la nave della Ong spagnola Salvamento Martimo Humanitario, con a bordo 78 migranti soccorsi al largo della Libia.

L’ultima edizione del rapporto dell’UNHCR (The Un RefugeeAgenci – Agenzia ONU per i rifugiati), «Viaggi Disperati», registra che da gennaio a settembre 2019 80.800 persone sono arrivate in Europa lungo le rotte del Mediterraneo, cifra in calo rispetto alle 102.700 giunte nello stesso periodo del 2018. Di coloro che sono arrivati, oltre un quarto erano minori, molti senza genitori. Dal 2014 al 2019 sono state inghiottite da queste acque 15.000 persone! Ipocrisia e buonismo, dettati da una pianificazione politica di eurocrati intenti a scardinare principi e valori dell’Europa Cristiana, hanno creato una guerra che porta morte nel Mediterraneo attraverso i mercanti di uomini, scafisti che hanno fatto della tratta umana un commercio cinico, crudele e spietato, portando in Europa violenza, spaccio di droga, schiavismo, prostituzione… cattiva qualità di vita sia per gli emigrati che per gli europei, dove la tensione fra il numero crescente di poveri, autoctoni e non, è sempre più grande.

Fino allo scorso agosto l’ex ministro dell’Interno, Matteo Salvini, era riuscito a ridurre sensibilmente gli arrivi dei migranti provenienti dai diversi Paesi subsahariani, ma ecco che, da settembre in poi, con l’arrivo dei giallorossi, il traffico di uomini, donne e bambini in Italia è ripreso a pieno regime, compresi gli sbarchi nel Salento con natanti di fortunache giungono in un’Italia sempre più ingarbugliata, incapace di prendere in mano e risolvere con efficacia e lungimiranza le situazioni sociali, economiche, amministrative, burocratiche ed emergenziali, come la messa a punto delle infrastrutture e dell’abbandonata realtà idrogeologica. Così le Ong, il ministro Luciana Lamorgese, gli ecclesiastici interreligiosi e della conversione ecologica ed integrale possono concorrere al malessere materiale e spirituale degli africani, degli italiani, degli europei, gonfiando le società di problemi sempre più gravi e sempre più ingestibili a livello materiale, culturale, spirituale.

«Anni fa, prim’ancora che Papa Francesco lanciasse agli africani l’appello urbi et orbi a venire dalle nostre parti, ci aveva pensato don Giusto della Valle, parroco di Rebbio (quartiere di circa 10.000 abitanti a sud di Como) a fornire assistenza prima ai minorenni non accompagnati e successivamente vera e propria ospitalità ai migranti in cerca di chissà quale fortuna. E su quella scia si sono poi aperte autentiche voragini che continuano a inghiottire migliaia di persone sprovviste d’ ogni tipo di documento e che non mostrano alcuna voglia di volersi integrare. Né formazione-lavoro, né apprendimento scolastico, né rispetto delle regole»

Molti migranti sono accolti, senza volontà di risolvere il problema migrazione di massa alla sua radice, finiscono tra le braccia di alcuni preti che s’impossessano delle chiese che reggono, dimenticandosi dei loro doveri sacerdotali, per diventare dei politicanti e degli operatori sociali, offrendo beni e servizi a spese della comunità, come, per esempio don Massimo Biancalani, parroco di Vicofaro (Pistoia), da anni impegnato nell’accoglienza senza logica, il quale, attraverso la sua pagina Facebook, il 21 novembre, ha pubblicato il post «Anche Vicofaro non si lega. Nessun dialogo con chi fomenta odio. Al termine della messa la domenica canteremo “Bella ciao”». La diocesi ha immediatamente risposto con una nota stampa, ricordando che in chiesa si devono eseguire solo canti appropriati. Ma il prete, che della Casa di Dio ne ha fatto un profanatorio bivacco per migranti, ha realizzato ugualmente ciò che aveva programmato.

Papa, vescovi e clero italiano si rifiutano di comprendere l’immane distruzione che va a crearsi nel tessuto africano (perlopiù economicamente in mano ai cinesi e ai francesi) e in quello europeo, dove l’Italia, essendo il primo approdo territoriale più vicino e soprattutto politicamente debole e permissivo, risulta essere la terra più ghiotta per i trafficanti di esseri umani. Tuttavia, in Africa, i vescovi, consci della tragicità degli avvenimenti, ragionano ben diversamente. Essi pregano Dio, Uno e Trino, affinché i giovani africani siano «più consapevoli dei pericoli dell’emigrazione irregolare» e credano «in se stessi e nella loro capacità di avere successo in Africa».

La preghiera elevata al cielo è giunta dai pastori delle conferenze nazionali e interterritoriali dell’Africa occidentale che costituiscono il Recowa-Cerao, riunitisi a Ouagadougou, in Burkina Faso, dal 14 al 20 maggio di quest’anno, per la Terza Assemblea Plenaria. Al termine dell’incontro hanno pubblicato un comunicato e un messaggio pastorale. In entrambi i documenti si fa riferimento alla piaga dell’emigrazione di massa, la quale priva l’Africa di forze giovani, conducendole, spesso, verso viaggi di miseria, di disperazione, di delinquenza. Tale mobilitazione apostolica non è stata motivo di notizia sui grandi canali d’informazione, né motivo di riflessione per papa Francesco e per tutti coloro che servono i potentati finanziari dell’Occidente, che indubbiamente sostengono l’opera dei trafficanti di morte, fisica e morale, delle loro vittime, le quali li pagano con denaro o, per quanto riguarda le donne, con la promessa di prostituirsi, una volta approdate in terra straniera. Grazie all’impegno missionario e caritatevole della Chiesa, nonché all’abnegazione dei suoi figli, hanno rilevato i presuli africani, il Continente nero ha fatto importanti passi avanti. Ma nel messaggio pastorale si legge che fra le angoscianti problematiche causate da epidemie, violenze settarie, attacchi alla democrazia, dissidi nazionali, nuove forme di terrorismo e di povertà, è subentrata anche l’emigrazione incontrollata. I vescovi perciò lanciano un appello ad aiutare la gioventù a trovare opportunità nella loro terra per guadagnarsi da vivere. Ma l’attenzione dell’Assemblea è rivolta anche a «tutti coloro che tornano da una sforturnata esperienza di emigrazione». Allora: «Lavoriamo perché possano trovare sempre nella Chiesa un’accoglienza pastorale e spirituale che permetta loro di reintegrarsi nel proprio Paese e nella propria comunità ecclesiale per vivere pienamente la propria fede».

Lo stesso tema e tenore ritorna anche nel comunicato finale. «È triste notare che molti, nella loro ricerca di migliori condizioni di vita, sono stati vittime di rapitori, commercianti di schiavi. Molti sono morti in alto mare o nel deserto. Non dobbiamo permettere che una tale tragedia continui».

Non pervengono, invece, voci dalla Santa Sede che parlino del fenomeno migratorio in questa direzione realistica e neppure voci vaticane che sostengano i vescovi dell’Africa Occidentale, la quale si rifà sia al buon senso che alle linee della normale Chiesa missionaria. Questi vescovi africani ci ricordano il frate cappuccino, vescovo, cardinale e venerabile Guglielmo Massaja (1809-1889), che resse il Vicariato Apostolico dei Galla in Etiopia e che è stato fra i più grandi evangelizzatori di tutti i tempi. Nel XIX secolo, ben consapevole del liberalismo europeo che si stava impossessando dei governi degli Stati, venne lasciato completamente solo dalla Santa Sede, completamente in miseria e più e più volte in pericolo di vita. Era oberato, schiacciato dal lavoro materiale e diplomatico, tanto da stabilire proficue relazioni fra capi africani, autorità romane ed europee. Eroico il suo coraggio di dire la verità ai potenti, accompagnato però da una prudenza cristiana oculatissima. Lui era partito per far conoscere Nostro Signore all’Etiopia e per battezzare nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, perciò era pronto a tutti i sacrifici possibili per amore di Dio. Le sue capacità organizzative e di governo gli assicurarono una grande autorità morale, strappandogli l’ammirazione persino dei nemici. Le fatiche e le croci del suo episcopato lo fiaccarono e il suo cuore divenne «come la schiena del riccio, tutto spine». Nelle sue pagine lascia parole intrise di sgomento, di lacrime, di martirio bianco, sofferto a causa di colei che chiama «mia Madre», ovvero la Chiesa.

L’esilio decretatogli dall’imperatore Joannes IV (1831-1889) il 3 ottobre 1879 troncherà definitivamente l’azione del santo Vescovo, costringendolo alla rinuncia, che sarà redatta a Smirne il 23 maggio 1880. L’apostolo dei Galla ispirò numerosi missionari e influì su fondatori di congregazioni religiose, come san Daniele Comboni (1831-1881) e il beato Giuseppe Allamano I.M.C. (1851-1926). Trascurato dalla Santa Sede di quell’epoca questo autentico modello di missionario di Santa Romana Chiesa e trascurati questi vescovi africani di oggi da quella Santa Sede che applaude pubblicamente, insieme all’europarlamento, la comandante della OngSea Watch 3, Carola Rackete, arrestata perché il 29 giugno scorso, senza autorizzazione alcuna dello Stato italiano, attraccò nel porto di Lampedusa, speronando una motovedetta della Finanza, minacciando quindi l’incolumità fisica di alcuni militari a bordo.

C’è un cardinale, però, che concorda con i vescovi d’Africa. È Robert Sarah, arcivescovo cattolico guineano, dal 23 novembre 2014 prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti. Egli ha messo in guardia dalla barbarie islamista e materialista, come ha spiegato nell’intervista rilasciata al giornale francese Valeurs Actuelles: «Ci sono molti paesi che vanno in questa direzione e ciò dovrebbe indurci a riflettere. Tutti i migranti che arrivano in Europa vengono stipati, senza lavoro, senza dignità… è questo ciò che vuole la Chiesa? La Chiesa non può collaborare con la nuova forza di schiavismo che è diventata la migrazione di massa. Se l’Occidente continua per questa via funesta esiste un grande rischio – a causa della denatalità – che esso scompaia, invaso dagli stranieri, come Roma fu invasa dai barbari. Parlo da africano. Il mio paese è in maggioranza musulmano. Credo di sapere di cosa parlo».

Con la volontà di risvegliare la Chiesa, l’Africa, l’Europa dal sonno dell’utopia, il Cardinale aggiunge: «C’è una grande illusione che consiste nel far credere alla gente che i confini saranno aboliti. Il prezzo da pagare è pesante. L’Occidente è presentato agli africani come il paradiso terrestre […]. Ma come si può accettare che i paesi siano privati di così tanti loro figli? Come si svilupperanno queste nazioni se così tanti di loro lavoratori sceglieranno l’esilio?».

La Chiesa non può sostenere le filiere mafiose dei trafficanti della morte, della schiavitù, della delinquenza, dello sfruttamento. Il Cardinale dice di essere disgustato da tutto ciò e tali filiere devono essere sradicate «con la massima fermezza. Ma curiosamente restano del tutto impunite». Perché? Ricorda il cardinale Sarah che cosa ha dichiarato il generale Gomart, ex capo dell’intelligence militare francese: «Questa invasione dell’Europa da parte dei migranti è programmata, controllata e accettata […] Niente del traffico migratorio nel Mediterraneo è ignorato dalle autorità francesi, militari e civili».

L’unica strada da intraprendere, perché l’Europa cessi di essere la tomba dell’Africa, è quella di pensare veramente al vero bene degli africani. Il Vaticano appoggia il Global compact sulle migrazioni, che il Cardinale considera pessimo perché tutto ruota intorno a temi meramente materialisti. Ma alla persona, sia egli africano o europeo, nella sua interezza di corpo e di anima, la Roma del Papa non ci pensa più? La patria fa parte dell’essere di una persona e tale essenza non può essere cancellata a tavolino da una dittatura liberalsocialista, in nome di un fallace multiculturalismo a discapito della carità universale della Chiesa, che ha sempre offerto a tutti, con il suo servizio e la sua dedizione a Cristo e alle anime, gli strumenti per vivere meglio in questa valle di lacrime e per la salvezza eterna. Le tecnostrutture europee con il neoumanesimo stanno creando spazi mostruosi, privi di identità e di pace interiore (prima di tutto) e collettiva, quella pace che è solo possibile in Cristo, come la storia insegna.

Il «mal d’Africa» non è più soltanto appannaggio dei viaggiatori romantici, dei letterati, dei cineasti o dell’Europa colonialista di ieri, ma appartiene anche a quei cattolici che bramano ora per i loro fratelli in Cristo la bontà e la giustizia divine.

 

 

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