San Michele Arcangelo. Il Generale dell’Esercito di Dio, che difende la Cristianità

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Il 29 settembre la Liturgia della Chiesa ricorda la festività di San Michele Arcangelo, insieme a San Gabriele Arcangelo e a San Raffaele Arcangelo. L’attribuzione nel nome del titolo di santo ha origine nell’Antico Testamento e San Michele è considerato Principe, difensore degli amici di Dio e protettore del suo popolo. Nell’ultimo libro del Nuovo Testamento, l’Apocalisse di San Giovanni, dopo la prima guerra in Paradiso, l’Arcangelo è protagonista anche nella seconda guerra terrena della Madre di Dio contro il drago: San Michele Arcangelo guida nuovamente alla vittoria la milizia celeste degli angeli del Signore contro Satana e i suoi angeli, ribelli ed apostati. Secondo l’Apocalisse, alla fine dei tempi, san Michele Arcangelo, quando ogni cosa sarà ricapitolata in Cristo, squillerà la tromba che annuncerà il Giudizio universale.

Michele deriva dall’espressione «Mi-ka-El», che significa «chi è come Dio?» e poiché nessuno è come l’Onnipotente, l’Arcangelo combatte tutti coloro che si innalzano con superbia, sfidando l’Altissimo.  In tutti i passi biblici è considerato «capo supremo dell’esercito celeste», ovvero degli angeli in guerra contro il male. Nella Tradizione San Michele è l’antitesi di Lucifero, capo degli angeli che decisero di fare a meno di Dio e perciò precipitarono negli Inferi.

Il Generale degli angeli è colui che difende la Fede, la Verità e la Chiesa. Dante illustra mirabilmente la bellezza e la potenza di questo Principe celeste e la sua solerzia nel proteggere il genere umano dalle insidie di Satana. Alla fine del Canto VIII della prima Cantica, Dante e Virgilio sono di fronte alla città infernale di Dite, sbarrata al loro passaggio. Sarà l’intervento autorevole di San Michele, che punì il superbo atto di violenza degli spiriti ribelli, a spalancare le porte per far procedere i due viaggiatori. Nelle litanie dei Santi pregate in Purgatorio da coloro che in terra furono invidiosi, San Michele è il secondo nominato, nella Divina Commedia, dopo Maria Santissima, segno del suo grande potere di intercessione.

Maria Vergine e l’Arcangelo Michele sono associati nel loro combattimento contro il demonio ed entrambi, nell’ iconografia cristiana, pestano con i loro piedi, a seconda dei casi, il serpente, il drago, il diavolo in persona, che l’Arcangelo tiene incatenato e lo minaccia, pronto a trafiggerlo, con la sua spada.

Il culto micaelico è molto diffuso sia in Oriente che in Occidente, ne danno testimonianza le innumerevoli chiese, santuari, monasteri e anche monti intitolati al suo nome. In Europa è presente la Linea Sacra di San Michele, in perfetto allineamento con il tramonto del sole nel giorno del Solstizio di Estate, che per oltre 2000 chilometri taglia l’Europa collegando sette monasteri dedicati proprio all’Arcangelo San Michele. Esiste, quindi, un simbolismo di elevata profondità religiosa, angelologica, storica, sociale, culturale, artistica. La Linea micaelica rimanda all’invito dell’Arcangelo Michele ai fedeli nel perseverare sulla via retta, ma anche alla difesa dell’Europa stessa da Satana. I tre siti più importanti, ovvero Mont Saint Michel in Francia, la Sacra di San Michele in Val di Susa e il Santuario di Monte Sant’Angelo nel Gargano, si trovano tutti alla stessa distanza l’uno dall’altro. I sette santuari della Linea Sacra sono: Skellig Michael (in Irlanda), St Michael’s Mount (in Gran Bretagna), Mont Saint Michel (in Francia), Sacra di San Michele (in Italia, nella regione Piemonte), San Michele (ancora in Italia, nella regione Puglia), Monastero di San Michele (in Grecia). L’unico a trovarsi fuori dall’Europa, ma che fa parte del proseguimento della Linea Sacra è il Monastero di Monte Carmelo, che si trova nella terra d’Israele, dove nacque il Cristianesimo.

L’8 maggio 490 d.C. l’Arcangelo apparve a San Lorenzo Maiorano, Vescovo di Siponto, nella grotta sul Gargano, da qui la devozione si diffuse rapidamente. Il culto di San Michele fu caro ai Longobardi convertiti, infatti in Italia l’arcangelo Michele è patrono di molti comuni e a Gualdo Tadino, in Umbria,  si svolge un Palio in suo onore. Sul monte Pirchiriano, nella Valle di Susa, in provincia di Torino, proprio i Longobardi costruirono una piccola edicola dedicata all’Arcangelo Michele, sulla quale nel 986 fu edificata l’Abbazia, chiamata Sacra di San Michele. Infine ricordiamo che il missionario irlandese San Colombano, vissuto fra il VI e VII secolo, nella sua opera evangelizzatrice in Europa, si prese a cuore questa devozione, fondando numerose chiese intitolate al Principe delle schiere angeliche di Dio.

Leone XIII, il 13 ottobre 1884, dopo aver terminato di celebrare la Santa Messa nella cappella vaticana, restò immobile una decina di minuti in stato di profondo turbamento. In seguito si precipitò nel suo studio. Fu allora che il Papa compose la preghiera a San Michele Arcangelo. Successivamente racconterà il Pontefice di aver udito Gesù e Satana e di aver avuto una terrificante visione dell’Inferno: «ho visto la terra avvolta dalle tenebre e da un abisso, ho visto uscire legioni di demoni che si spargevano per il mondo per distruggere le opere della Chiesa ed attaccare la stessa Chiesa che ho visto ridotta allo stremo. Allora apparve San Michele e ricacciò gli spiriti malvagi nell’abisso. Poi ho visto San Michele Arcangelo intervenire non in quel momento, ma molto più tardi, quando le persone avessero moltiplicato le loro ferventi preghiere verso l’Arcangelo».

Dopo aver redatto l’orazione, fece chiamare il Segretario della Sacra Congregazione dei Riti, ordinandogli di far stampare il foglio che aveva in mano e farlo pervenire a tutti i Vescovi della Chiesa: il manoscritto conteneva la preghiera che il Papa dispose di far recitare al termine della Santa Messa, la supplica a Maria Santissima e l’invocazione al Principe delle milizie celesti, per mezzo del quale si implora Dio affinché ricacci il Principe del mondo nell’Inferno.

Tale supplica è caduta in disuso. Nessun Pontefice ha abrogato questa preghiera dopo il Santo Sacrificio e neppure il Novus Ordo la nega, tuttavia negli anni Settanta si prese a non recitarla più, dando ascolto a quello «Spirito del Concilio Vaticano II» che ha inghiottito anche ciò che non era stato abolito.

Cristina Siccardi

Fonte: radioromalibera.org

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