Il Santuario della «Consolata». Da 300 anni Patrona di Torino

Le prime tracce del Santuario della Consolta, a Torino, risalgono all’Anno Mille. Sorge sui resti di una delle torri delle antiche mura. Prima Re Arduino, soccorso dalla Madonna apparsagli in sogno durante una malattia. Poi il cieco Giovanni Ravacchio di Briançon, guarito dopo aver recuperato un’icona mariana. Da qui la trasformazione in Basilica, infine in Santuario e, 300 anni fa, di fronte all’assedio francese, la decisione di dichiarare la Consolata Patrona di Torino.

 

Da 300 anni la «Consolata» è Patrona (1714-2014) della Città di Torino. Il pronao tetrastilo del portale del Santuario reca la scritta latina Consolatrix Afflictorum, ovvero «Consolatrice degli afflitti», vero nome della chiesa è infatti Santuario di Santa Maria della Consolazione. Tuttavia, è da sempre nota come «Consolata», invece del più corretto «Consolatrice». Le prime fonti della storia di questo Santuario si trovano in due documenti, rispettivamente dell’XI e del XII secolo: il Chronicon Novaliciense (scritto da un monaco anonimo nel 1060 circa, ora conservato nell’Archivio di Stato di Torino) e la Cronica Fruttuaria (Abbazia fondata poco dopo l’anno mille, nel territorio di San Benigno Canavese, da Guglielmo da Volpiano, figura di primo piano della Riforma cluniacense).

Dal lato a ridosso di via della Consolata, la Basilica sorge sui resti di una delle torri angolari della cinta muraria dell’antica Augusta Taurinorum. Qui, nel V secolo, il vescovo San Massimo (?-420 ca.) fece erigere, probabilmente sui resti di un precedente tempio pagano, una piccola chiesa dedicata a Sant’Andrea con una cappella dedicata alla Vergine, in cui venne posta un’immagine della Madonna. Qui si stabilirono, fra il 924 e il 929, i monaci benedettini della Novalesa, cacciati dalla Valle di Susa dai Saraceni. A loro si deve il primo ampliamento che vide l’edificazione di una nuova chiesa in stile romanico sviluppata su tre navate, con un chiostro sul lato meridionale e il campanile, unica testimonianza rimasta dell’antico luogo sacro. La Cronica Fruttuaria, scritta nel XIII secolo, narra che sarebbe stato Re Arduino (955-1014), soccorso dalla Madonna apparsagli in sogno durante una malattia, a fondare nella chiesa la cappella della Consolazione. Dopo la distruzione dell’edificio ad opera dei Longobardi (1080), il cieco Giovanni Ravacchio (la grafia esatta del nome risulterebbe incerta: Ravais, Ravache, Ravacchi), proveniente da Briançon, giunse a Torino in pellegrinaggio, sostenendo di aver ricevuto in sogno dalla Madonna precise indicazioni riguardo al recupero di un’immagine mariana. Non solo ritrovò la sacra effigie, ma riacquistò anche la vista: era il 20 giugno 1104. A seguito di questo evento miracoloso, la chiesa di Sant’Andrea venne restaurata, elevata al grado di Basilica e l’icona collocata solennemente al suo interno. Esiste una lapide nella chiesa, datata 1595, che riproduce il testo di una pergamena ufficiale del 1104.

Nel XIV secolo i principi di Acaia e i duchi di Savoia tributarono alla Consolata un culto assiduo. Il legame fra la Consolatrice e la Casa sabauda si consolidò nel XV secolo: autorità cittadine e popolo si strinsero intorno alla Madonna con grande devozione e nei momenti di guerra, pestilenze e calamità invocarono soccorso, puntualmente accordato. Nel clima controriformistico di fine Cinquecento, i benedettini vennero sostituiti dai Cistercensi (1589) e la chiesa cessò di essere parrocchiale per diventare Santuario (1596).

Nel 1706, durante l’assedio della capitale subalpina per mano dei Francesi, la Consolata venne dichiarata Avvocata e protettrice della città. La città si raccomandò alla Consolata per la propria salvezza e come ex voto furono posti, nei punti di maggiore importanza della città, una serie di piloncini recanti l’effigie della Vergine e l’anno. Malgrado le cannonate, il Santuario rimase in gran parte intatto: un proiettile che colpì la base della cupola si può notare ancora oggi da via della Consolata. Nel 1714, in segno di ringraziamento, fu ufficialmente proclamata compatrona, con san Giovanni Battista, di Torino. Sotto il dominio napoleonico l’edificio sacro, in parte adibito a caserma, rimase affidato a due soli monaci, ma con la Restaurazione il culto della Consolata rinnovò il suo slancio. Nel 1835, quando la città fu colpita dal colera, venne fato un voto, in seguito al quale fu restaurata la Cappella delle Grazie e fu eretta, di fronte alla chiesa, una colonna votiva sormontata dalla statua della Vergine. A questi interventi, seguì la risistemazione degli spazi esterni con l’allargamento della piazza antistante e la costruzione della nuova facciata, terminata nel 1860.

Nel frattempo la direzione del Santuario era passata agli Oblati della Beata Vergine Maria (1834), a cui subentrarono poi i Francescani minori osservanti (1858), in seguito sostituiti dal clero secolare. Nel Santuario venne trasferito il celebre Convitto ecclesiastico, fondato nel 1817 dal teologo Luigi Guala (1775-1848), importante centro di formazione ecclesiastica, nel quale trovarono alimento straordinario sacerdoti come san Giuseppe Cafasso (1811-1860), san Giovanni Bosco (1815-1888), il Beato Giuseppe Allamano (1851-1926), poi Rettore del Santuario stesso, nonché fondatore dei Missionari e delle Missionarie della Consolata.

 Per chi desidera è possibile realizzare una visita virtuale alla Mostra “300 anni Patrona”: http://www.laconsolata.org/?p=1751

Cristina Siccardi

Fonte: Radici cristiane, ottobre 2014

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