Dal racconto di Saverio Anselmi Tamburini la straordinaria storia di una famiglia di Mastri organari, celebri nel mondo

 

Fu il Cavalier Giovanni Tamburini (1857-1942) a fondare a Crema nel 1893 il primo Stabilimento per la fabbricazione di tutte le parti d’Organo. Il costruttore «dei più grand’Organi d’Italia» ha permesso che la ditta Giovanni Tamburini diventasse la Pontificia Fabbrica di Organi, fornitrice dei Conservatori Giuseppe Verdi di Torino e di Milano.

Nell’estate 2023 abbiamo ascoltato, mentre si trovava in Galizia (Spagna) per gestire il buon funzionamento di organi presenti in quattro chiese di Lugo (nella foto a destra, una delle chiese di Lugo), mentre si stava tenendo un ciclo di concerti, la storia della dinastia Tamburini dalla viva voce di un discendente del fondatore, Saverio Tamburini Anselmi, che oggi gestisce l’azienda del suo bisnonno.

La più antica testimonianza scritta che riguarda la presenza di un organo nel territorio di Crema risale al 1465, dove si parla di alcune questioni sulla manutenzione dell’organo della cattedrale della città. Nel XIX secolo nacquero le prime imprese organarie cremasche; le botteghe attive sul territorio appartenevano agli Antegnati di Brescia (1400); ai Serassi di Bergamo (1500); ai Lingiardi di Pavia (fino al 1800). Gli organari nel 1800 erano, invece, i Franceschini, i Nicolini, i Cadei, gli Inzoli e i Tamburini. Gli ultimi due si contraddistinsero per le loro doti artistiche e imprenditoriali, dando vita ad imprese artigiane che in poco tempo divennero famose in tutto il mondo e ancora oggi sono attive. Fra i dipendenti della Inzoli c’era anche Giovanni Tamburini, il quale si distinse per le sue alte qualità.

Nato a Bagnacavallo (Ravenna) da genitori contadini, iniziò il proprio apprendistato nel corso dell’adolescenza come costruttore e riparatore di fisarmoniche. Nel 1884 venne assunto dalla ditta di Trice-Anelli a Codogno per poi passare, nel 1887, alla fabbrica del Cavalier Pacifico Inzoli di Crema, con l’incarico di trovare le soluzioni a problemi di ordine meccanico della produzione organaria. In seguito, trascorse un periodo di formazione alla Società Elettrica Industriale di Milano e si occupò di progettare l’importante trasformazione dell’organo da meccanico ad elettrico, specializzandosi sempre di più.

 

 

Persona molto determinata, come d’altro canto la maggioranza dei romagnoli, ha costruito da solo, con un talento formidabile, la propria professionalità: maestro d’organi, ma anche valente capitano d’industria nel tempo in cui in Italia si stava sviluppando la rivoluzione industriale. Nel primo stabilimento che creò erano una trentina  i dipendenti e c’era tutto il necessario per costruire gli organi grazie alla forza motrice idraulica e le macchine a legno e si utilizzavano in loco tutti gli attrezzi per fabbricare ogni parte dell’organo: dal produttore all’utente, senza necessità di altri passaggi. Si dedicò, quindi, alla realizzazione di organi grandiosi, che installò a Milano, a Roma e nelle più importanti cattedrali italiane e ed estere. Fra i suoi collaudatori si ricordano insigni maestri: Perosi, Bossi, Baronchelli, Tebaldini, Ravanello, Pagella, Terrabugio, Coronaro, Mattey, Vignanelli, Manera, Germani… Esiste un catalogo della Fabbrica d’Organi Giovanni Tamburini, molto prezioso, dove lo stesso fondatore lascia scritto nella premessa:

«Non desidero di fare della reclame per la reclame mi spinge a pubblicare questa raccolta di documenti, ma la necessità di provvedere alla tutela ed all’interesse dell’azienda, cui da 15 anni ho consacrato tutta la mia attività e tutte le mie forze, lottando contro ogni sorta di difficoltà morali e materiali e non badando a sacrifici, pur di riuscire a dimostrare che camminando sempre e tenacemente per la retta via anche in Italia è ancor possibile ad un artista onesto aprirsi una strada». Le pagine che scorrono parlano, in modo documentale – con carteggi, documenti tecnici (anche illustrati), articoli e immagini degli organi finiti – di altissima professionalità e di serietà artistica, tecnica, scientifica.  Per esempio, il celebre don Lorenzo Perosi, all’epoca direttore perpetuo dei Cappellani Cantori e Cantori Pontifici in Vaticano, registrava a Milano il 1° maggio del 1901, circa il collaudo dell’Organo delle Suore Sacramentine della città ambrosiana:

«[…] questo lavoro per la scelta e disposizione dei registri, per la forza e dolcezza dei suoni, per la qualità del materiale impiegato, per tutto quello anche che riguarda l’aspetto esteriore, per la prontezza e leggerezza delle tastiere, per la praticità e comodità dei registri meccanici […] è così perfettamente riuscito, da poter tornare di piena soddisfazione al generoso Donatore[1], alle M. Rev. Suore ed ai Collaudatori, i quali se ne rallegrano sinceramente col bravo Sig. Tamburini. Egli può vantarsi di aver costruito in Milano un organo, che a tutt’oggi, si può chiamare il migliore ed il più completo della nostra città. […] Quest’organo offrì ai Collaudatori l’occasione di poter studiare, riunire e confrontare tra di loro i vari sistemi di trasmissione: il meccanico semplice, il meccanico-pneumatico, il meccanico-tubolare».

Sempre incitato a scoprire, ad ingegnarsi nella meccanica, a trovare nuove ed efficaci soluzioni, Giovanni Tamburini lanciò nel mondo la sua azienda. Il bisnonno di Saverio morì il 23 novembre 1942 e l’eredità della fabbrica passò alla figlia Cecilia e a suo marito Umberto Anselmi.

Negli anni Cinquanta l’azienda contava più di 100 operai e venne concesso, per decreto ministeriale da parte del Presidente della Repubblica, il doppio nome Anselmi Tamburini per i figli maschi. «Mia nonna Cecilia», spiega Saverio Anselmi Tamburini, «era persona attenta e decisa. Aveva un ruolo dirigenziale e moglie e marito hanno portato avanti egregiamente quello che Giovani aveva creato. I figli, mio padre Franco e mio zio Luciano, con una delle tre sorelle hanno proseguito l’opera in uno spirito familiare forte; spirito che è entrato all’interno della vita in fabbrica, fra i collaboratori e i dipendenti. C’ sempre stato un forte spirito di gruppo, attraverso un consolidato sistema tradizionale e tale continua ad essere, anche se, a causa dell’epoca in cui viviamo, siamo rimasti in sette. Le dimensioni si sono, per forza di cose, ridotte: i costi del lavoro sono schizzati alle stelle. Non esistono più le grandi aziende di organi. L’eccellente esecuzione della Musica sacra non è più ricercata come una volta, sebbene il motu proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI abbia dato nuova vita alla Musica Sacra, una vitalità che non si è assolutamente spenta, nonostante le scelte rivoluzionarie e antitradizionali di papa Francesco.

Non ci vuole un genio per capire la bellezza: la bellezza la si vede e la si sente: è istintivamente sensibilmenteLa differenza del suono della chitarra e da quella dell’organo è evidente. Ma parte tutto dalla formazione religiosa».

Dotato di quello che viene definito «orecchio assoluto», il padre di Saverio, Franco, riusciva a cogliere ogni più minuta sfumatura dei suoni nella estesa gamma di registri presenti negli strumenti che uscivano dalla fabbrica negli anni in cui ne fu il responsabile. Sotto la sua conduzione, l’azienda ha realizzato strumenti di grande prestigio, con i quali instaurava un legame quasi affettivo. Fu un artista del suono, le cui doti sono state raccolte dal figlio, che oggi dirige la tradizione di famiglia. Quando si parla di direzione in casa Tamburini, significa stare fianco a fianco dei collaboratori e dipendenti. Significa essere Mastro artigiano, che si occupa anche di economia e di burocrazia.

Saverio Anselmi Tamburini rappresenta la quarta generazione di costruttori d’organi che discendono dal Commendator Giovanni Tamburini. Da ragazzino, nei periodi estivi, si occupava di piccoli lavori nella fabbrica, cimentandosi con le prime accordature a 18 anni. Conclusi gli studi, ha iniziato a lavorare nella fabbrica paterna, lavorando a restauri di organi a canne e passando molto tempo con il dottor Oscar Mischiati per il riordino e la catalogazione delle canne storiche, oltre alla messa a punto e all’accordatura degli organi nuovi. Egli ricorda con gran piacere le tante trasferte in compagnia delle maestranze dell’azienda, che gli hanno insegnato moltissimo, sia a proposito dell’intonazione e dell’accordatura, sia della progettazione di nuovi strumenti, oltre che del restauro di pregevoli strumenti antichi.

Il suo lavoro è una vera e propria passione. Negli anni Novanta si è impegnato in prima persona per affrontare la grave crisi economica dell’azienda, si è rimboccato le maniche e ha lavorato con forte impegno insieme ai dipendenti per mantenere l’ideale dell’autonomia costruttiva del bisnonno. «Il nostro obiettivo è sempre e comunque mantenere un profilo alto della qualità sia nella fabbricazione, sia nel restauro, attività che oggi è divenuta principale. Oggi si costruisce un organo nuovo all’anno circa. Mentre non hanno sosta il restauro, le modifiche, le revisioni. Un organo nuovo può costare anche un milione di euro, perciò la domanda è scarsa, mentre il restauro costa decisamente meno. Molti organi dismessi, in centro e nord Europa, possono essere affittati e riformati nella maniera adeguata, in modo tale che le spese sono contenute: il mondo della seconda mano è allettante, senza contare che i materiali d’epoca sono assai pregiati».

L’organo della chiesa di San Filippo a Mondovì è stato recuperato grazie a Saverio Anselmi Tamburini, il quale, su commissione degli Oratoriani che reggono la chiesa e il complesso monumentale della Casa dove visse e operò il venerabile Giovanni Battista Trona (1682-1750), se ne è occupato da agosto a dicembre del 2022. La spesa del restauro è stata di 70 mila €, se fosse stato realizzato un nuovo organo sarebbe costato 700 mila € (20 mila € a registro).

«Occorre adeguarsi ai tempi per non dover chiudere ed oggi si possono fare organi con vestito nuovo, cassa esterna nuova, facciata nuova utilizzando materiali di recupero, ecco che la nostra attività principale oggi è quella del ridare nuova vita ad organi malati, agonizzanti o morti del tutto, attraverso costruzioni di parti nuove, creando, senza spreco di risorse e materiali, organi ad alto livello artistico, smontando e rimontando. Inoltre c’è la gioia di recuperare il manufatto che altri uomini avevano fabbricato con amore prima di noi». A questo punto, emerge una vera e propria profondità etica e spirituale nelle parole di Mastro Saverio. La bellezza, e qui stiamo trattando della bellezza sacrale della Musica, forgia e forma la persona; così si comprende che nella ditta Giovanni Tamburini la consueta produzione di cose per poi metterle sul mercato consumistico viene sostituita da capolavori che hanno un’anima, quella di chi li ha realizzati con amore, una passione che avvolge e travolge tutti quelli che si sono adoperati nell’impresa, compresi coloro che non sono più al mondo, ma i loro capolavori continuano ad esistere attraverso le abili mani di altri organari che vivono nelle note sublimi di organi sublimi, realizzati per dare maggior Gloria a Dio e per edificare le anime.

«Il patrimonio tecnico e culturale che ho ereditato è la mia vita, la mia energia. La bellezza sacra è una questione epidermica, istintiva, che prosegue nelle viscere della persona, nella sua anima. Quando si accorda un organo il suono che emette è eccezionale, mozzafiato e toglie tutta la stanchezza del lavoro imprenditoriale: difficile, faticoso per mettere al passo l’arte con l’industria dei nostri giorni».

 

Organo Tamburini, Basilica di San Pietro – 20 maggio 2014 – Europa

 

Per costi e comodità logistica vengono usati organi elettronici, che simulano quelli a canne, ma il risultato è «volgare, non dà la stessa sensazione di bellezza. Dietro al suono di quello a canne c’è un lavoro enorme dell’uomo accompagnato dalla sua anima; mentre dietro al suono dell’organo elettronico c’è un file elettronico riprodotto con le casse. È un abisso di differenza. L’organo elettronico ha una filosofia diversa, una didattica diversa, che possono servire per l’insegnamento, ma non certo per le celebrazioni in chiesa! Piuttosto è decisamente preferibile l’armonium, uno strumento meccanico molto interessante dal punto di vista acustico, che va assolutamente rivalutato e che in molti, anche preti, considerano purtroppo dei ferri vecchi, invece sono dei gioielli veri e propri. Monsignor Lorenzo Perosi era un grande estimatore dell’armonium: è stato un compositore di molte partiture per armonium. Da alcuni decenni manca proprio la formazione musicale all’interno della Chiesa ed è un delitto». Occorre alzare l’asticella, non abbassarla come si è fatto dal Concilio Vaticano II in poi. Dio è il Sommo, non è possibile accontentarsi del mediocre.

 

 

Ci sono organi monumentali che sono usciti dalla ditta Tamburini, come quelli del Duomo di Milano o del Duomo di Messina, che possiedono più di15 mila canne. «Comunque», precisa Mastro Anselmo, «anche gli organi a canne piccoli hanno la loro bellezza, pure loro incantano. La bellezza non sta nella dimensione perché, anche un registro solo, se ben costruito, incanta acusticamente. Un organo è un’orchestra: più strumenti racchiusi in uno. Con più o meno canne, esso può riprodurre musica da camera oppure sinfonica».

Le nazioni che hanno maggiormente necessità degli interventi Tamburini si trovano in Europa, dove è radicata la tradizione organistica: Italia, Francia, Svizzera, Germania, Spagna; ma anche in Sud America e in Africa.

 

Mappe d’Italia e del mondo dove si è svolto finora il lavoro della Fabbrica d’Organi Tamburini

 

 

 

 

Ma come nasce un organo a canne?

C’è una lunga stagionatura dei legnami, premessa indispensabile per assicurare un perfetto rendimento fonico dello strumento e garantire l’inalterabilità nel tempo. L’essicatoio riduce e bilancia, omogeneizzandolo, il coefficiente di umidità nel corpo dei legnami impiegati. Lo stabilimento Tamburini di Crema è dotato di un equipaggiamento fra i più progrediti per la lavorazione a ciclo completo del legnami, che consente una produttività di alto rendimento. L’impiego di presse meccaniche assicura la presa e la tenuta dei collaggi eseguiti con procedimenti particolari. Alla precisione e accuratezza e finitura del somiere[2] è affidato il compito di sopportare la selva delle canne organarie. Una speciale attrezzatura meccanica permette la lavorazione delle grandi canne di facciata e l’approntamento delle canne metalliche è il risultato di misure e rapporti dettati da una gelosa e tradizione d’eccllenza, per questo la lavorazione delle canne in lega di stagno è curata da maestranze altamente specializzate; mentre una maestranza altamente qualificata di tecnici e operai si occupa di ogni particolare meccanico dell’organo e poi l’efficienza del centralino elettrico sta all’organo come l’equilibrio mentale all’azione dell’uomo.

La consolle racchiude il comando di tutta la gamma dei registri e viene progettata con forme particolarmente studiate in vista dell’ambiente a cui è destinato. La prova di montaggio generale dell’organo si sviluppa in ambienti di grande cubatura presenti nella ditta, in previsione della sistemazione definitiva.

Questi sono alcuni modelli di organi timbrati Giovanni Tamburini: il Conservatorio di Torino possiede un organo del 1921, con 4 tastiere, 62 registri e 4238 canne; il Duomo di Milano del 1938 possiede un organo con 5 tastiere, 182 registri e 15163 canne; la Basilica di Nostra Signora di Fatima di Lisbona possiede un organo del 1938 con 3 tastiere, 50 registri e 3200 canne; l’Auditorio di Palazzo Pio XII di Roma possiede un organo del 1951, sistemato nel sottopalco e possiede 5 tastiere, 165 registri e 12278 canne; la Basilica di San Pietro nella Città del Vaticano ha il 1° corpo d’organo «in cornu epistolae» del 1953 con 2 tastiere e 33 registri, con un ridotto numero di canne, nonché il 2° corpo d’organo «in cornu evangeli» del 1962 con 4 tastiere e ottanta registri e un ridotto numero di canne. Il Conservatorio di Musica di Roma «Santa Cecilia» possiede un organo a trasmissione elettrica del 1966 con 4 tastiere, 83 registri e 5778 canne; l’Auditorio della RAI di Napoli possiede un organo del 1963 con 4 tastiere, 140 registri e 9200 canne; la Scuola nazionale di Musica di Rio de Janeiro del 1954 possiede un organo del 1954 con 4 tastiere, 64 registri e 4500 canne; la cattedrale di San Marco a Venezia del 1958 possiede 3 tastiere, 63 registri e 3948 canne.

Il 25 gennaio di quest’anno lo spagnolo monsignor Pablo Colino, Canonico e Maestro di Cappella emerito, ha compiuto 90 anni. Gli sono stati tributati felicitazioni e omaggi, e per la Santa Messa solenne nella basilica di Sant’Eugenio alle Belle Arti di Roma nel giorno del suo genetliaco, oltre a porporati e vescovi, hanno presenziato duemila dei suoi alunni ed ex alunni.

Prefetto della Musica della basilica di San Pietro in Vaticano e Protonotario Apostolico, vive nel Palazzo della Canonica nella Città del Vaticano, ed è una colonna sicura della Musica Sacra nell’accezione autentica dell’espressione, ovvero eseguire e comporre Musica in onore e gloria della Santissima Trinità. Ebbene, monsignor Colino è testimone delle derive della musica dissacratoria nelle chiese moderne, ma è anche protagonista indiscusso della vera Musica Sacra.

Da sessantasette anni a Roma e in Vaticano, colui che è nato il 25 gennaio 1934 nella solare e cattolicissima Pamplona, ha diretto migliaia di volte musiche di uno dei suoi autori prediletti, Lorenzo Perosi[3], come si è detto esperto collaudatore degli organi creati, riparati e restaurati dalla Pontificia Fabbrica d’Organi Tamburini, che oggi ha sede in via Costituzione 7 a Pianengo, in provincia di Cremona, dove la passione si sposa allo stile italiano. Ci ha detto monsignor Colino: «Non ho conosciuto monsignor Perosi, nativo di Tortona nel 1872, che morì nel 1956, ossia l’anno prima che io arrivassi a Roma, ma lui ha pervaso tutta la mia vita musicale».

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