Maria Clotilde di Savoia Serva di Dio

SCARICA L’AUDIO

Clotilde, Maria, Teresa, Luisa di Savoia, era nata a Torino la notte fra il 1° e 2 marzo 1843 da Vittorio Emanuele II, allora Duca di Piemonte, e da Maria Adelaide, arciduchessa d’Austria. Il Battesimo venne amministrato dall’arcivescovo della capitale subalpina, mons. Luigi Fransoni, che molto ebbe a patire sotto i colpi dei liberali e dei massoni e che, opponendosi con coraggio alle leggi anticlericali, fu condannato all’esilio nella città di Lione, dove morì. Clotilde fu la primogenita di otto figli e quando la madre perì di tifo fu data a lei la responsabilità di coordinare casa e famiglia. Precocemente, dunque, provò il dolore lacerante e allo stesso tempo l’imperio del dovere.

 

Cresciuta a corte ma anche nella sventura

Infanzia e giovinezza furono all’insegna di una precoce e palese maturità, sia di sentimenti che di scelte. Molto sensibile e legata fortemente agli affetti e alle amicizie scriverà, ricordando l’ultima visita fatta alla madre morente: «Io la vidi per l’ultima volta il giorno 18 [gennaio 1855]. (…) Così
quella bell’anima si addormentò nella pace del Signore tranquillamente e santamente, come aveva sempre vissuto (…). Oh, quali dolorosi ricordi!! [pochi giorni prima era morta la suocera della mamma, Maria Teresa d’Asburgo-Lorena Toscana] E poi la morte di Vittorio [l’ultimo fratello];
poi quella dello zio Ferdinando. In quell’anno la nostra famiglia fu ben colpita da sventure!».

Sventure profetizzate da san Giovanni Bosco, il quale aveva avvertito il futuro primo Re d’Italia: se avesse avallato la legge Rattazzi (come avvenne proprio nel 1855) per la soppressione degli Ordini religiosi e l’incameramento dei loro beni da parte dello Stato, Casa Savoia sarebbe stata funestata da diversi lutti.

Don Bosco pubblicò anche un opuscolo, dove ammoniva Vittorio Emanuele II, scrivendo fra l’altro: «La famiglia di chi ruba a Dio è tribolata e non giunge alla quarta generazione», come accadrà con la fine della monarchia in Italia dopo la terza generazione. Rimangono lettere molto intense e toccanti di Clotilde, indirizzate al padre per cercare di persuaderlo di fermare l’irruente valanga persecutoria ai danni della Chiesa: «Se sapesse, Papà mio, come ne soffro! Ella lo sa, come lo so io: tutto passerà in questo mondo, tutto crollerà; ma la Chiesa rimarrà inconcussa, avendo per sé le promesse del suo Divino Fondatore» (8 febbraio 1877).

Corrispose epistolarmente anche con i Sommi Pontefici: il beato Pio IX, Leone XIII e san Pio X. Membro del Terz’Ordine di san Domenico, prese il nome di suor Maria Caterina del Sacro Cuore, ed arrivò ad affermare a padre Giacinto Maria Cormier O.P., poi Maestro generale dell’Ordine
domenicano: «È tanto chiaro dunque che tutto sembra concorrere a un solo e medesimo scopo: la mia santificazione! (…) ho un gran bisogno d’annientamento e di immolazione! Niente mi basta in fatto di difficoltà e di sofferenze: vorrei potermi consumare ai piedi di Gesù, come una vittima di espiazione, di riparazione, di amore» (23 luglio 1875).

 

Una Bonaparte suo malgrado

Maria Clotilde venne investita di obblighi reali e familiari di grande peso, che seppe condurre con abilità, amabilità e carità tutta cristiana. Essendo la primogenita, ma anche la figlia prediletta di Vittorio Emanuele, per doveri di Stato, accettò a malincuore di sposare il 30 gennaio 1859 Napoleone Giuseppe Carlo Paolo Bonaparte, noto e attempato libertino.

Maria Clotilde visse a Parigi sfuggendo gli splendori della Corte imperiale, dedicandosi alla beneficenza, con gran dispetto del marito. Scoppiata la rivoluzione nel 1870, decise di rimanere nella capitale francese in rivolta, malgrado le insistenze del padre a rientrare in patria. Fuggiti tutti i Bonaparte e proclamata la Repubblica, lasciò Parigi per ultima e da sola, in pieno giorno, con la carrozza scoperta e le sue insegne: nel recarsi alla stazione, la guardia repubblicana le rese gli onori.

 

Una vita di santità spesa lì dove è più difficile

Subì la vita dissipata del marito che in seguito la abbandonò, lasciandola in ristrettezze economiche. Tuttavia rimase sempre lei: la tenera madre adottiva dei fratelli; la figlia rispettosa; la nuora affabiledello spodestato Re di Vestfalia, Girolamo Bonaparte (1784-1860); la sorella dei poveri; la sposa che si sacrificò per la salvezza eterna del marito, al quale, morente, stette accanto. La Serva di Dio spirò a 68 anni nel suo castello di Moncalieri il 25 giugno 1911 e venne sepolta nella basilica di Superga. Il 6 aprile 1936, nella diocesi di Torino, iniziò il processo di beatificazione della “Santa di Moncalieri”, come ormai da anni veniva chiamata.

Cristina Siccardi

Fonte: radioromalibera.org

Torna in alto